sabato, dicembre 29, 2007

Il signore (non) da il pane a chi non ha i (cre)denti



Ora ho un motivo più concreto per provare fastidio per qualsiasi culto organizzato.

Come ogni organizzazione hanno una struttura più o meno gerarchica e hanno dei capi. Anche questi capi religiosi, seppure da principio o nelle dichiarazioni pubbliche non accentrano su di se particolari prerogative, anche se chiamano se stessi esclusivamente "guide", intendendo con quest'etichetta che la loro unica funzione è quella di aiutare i credenti ad avere fede, acquisiscono un certo potere.

Benché alcuni si definiscano "inviati di Dio" o simili, si tratta sempre di uomini, come uomini sono i loro sottoposti ed i fedeli. Benché molti di loro si dicano umili, molti tra loro non esiteranno ad utilizzare il loro potere per il loro interesse. Il fatto che siano sinceramente convinti di ciò che predicano o che lo usino come copertura per raggiungere scopi assai più personali, fa poca differenza.

La caratteristica peculiare del potere che possono esercitare è la possibilità di fornire agli uomini-credenti uno dei migliori motivi per manifestare la propria codardia. Qualcuno, penso Kant, ha fatto notare che la morale dovrebbe essere autonoma, non eteronoma, che si dovrebbe agire secondo ciò che si ritiene giusto per il solo fatto che, appunto, lo si ritiene giusto, non per la paura di punizioni extraterrene. Tanto peggio, seguendo questo ragionamento, sarebbe non fare ciò che si ritiene giusto soltanto per la paura di punizioni ultraterrene.

Certo, poi, volendo essere un pò più cinici, non sono o solo le punizioni ultraterrene, ma quelle terrene che spesso spaventano, anche perchè il potere di cui sopra, anche se ha caratteristiche particolari derivanti dalla natura della sua fonte, mantiene comunque influenza concreta nel mondo reale, visto che si tratta sempre di un potere umano.

Queste punizioni terrene possono essere, per esempio, l'ostracizzazione, l'allontanamento dal gruppo. Non c'è bisogno di essere eccessivamente cinici, queste punizioni spaventano non necessariamente o non soltanto in ragione del fatto che si viene estromessi dalla gestione o dal godimento degli effetti di quel potere, proprio del gruppo e del suo vertice, ma anche perchè, eventualmente, possono privare della stima, del rispetto, dell'affetto di persone care facenti parte anch'esse di quel gruppo.

Certo, è il "solito discorso individualismo-collettivismo", ma con qualcosa in più. Non sono così materialista da pensare che l'aspetto religioso della questione non dia al tutto un "valore aggiunto", specie nel caso di persone che sinceramente credono, poiché sono abbastanza convinto che ciò che è ritienuto reale finisce per avere effetti reali.

Probabilmente le mie sono farneticazioni scritte di getto, si tratta più che altro di un flusso di coscienza che segue il filo di un ragionamento e non di una tesi già raffinata semplicemente esposta. Questa è una riflessione aperta a contributi e allo stesso tempo uno sfogo. Chiunque voglia partecipare è dunque invitato a lasciare i suoi commenti.


mercoledì, dicembre 26, 2007

Flusso di coscienza allo zenzero (AKA eupepsia!!!)


Nessuna celebrazione natalizia sul mio blog (A parte il video che però contiene zenzero!!!).

E' con le viscere in subbuglio che mi appresto a lasciare qualche pensiero su queste pagine altrimenti bianche (nere). Scrivo per scrivere, un pò come quando disegno partendo da una linea senza sapere cosa voglio disegnare e vado avanti aspettando che l'immagine prenda forma nella mia mente e poi sul foglio. Non sempre succede, a volte la mente è vuota, quantomeno, vuota di cose stimolanti.

L'esperienza della mente davvero vuota, quella da meditazione per intenderci, quella da "se un albero cade in una foresta senza che ci sia nessuno ad ascoltarlo, fa rumore?" o da "che rumore fa una mano che batte da sola?", l'esperienza della mente vuota, dicevo, non l'ho mai veramente provata.

Affetto da distrazione cronica, ogni pensiero può essere stimolo per altri mille, sempre e comunque, senza per altro aver portato a termine la riflessione originaria. Ci sono poi pensieri martellanti che, una volta infilatisi in testa, non escono, pronti a ripresentarsi non appena viene pronunciata una "parola di attivazione". La possanza di tali pensieri è tale che quando la parola viene pronunciata in un punto qualsiasi del mio spazio uditivo, la pulsione a partecipare al discorso da cui quella parola proviene è irresistibile (Vero Chia?).

D'altro canto c'è un grande silenzio oggi, il cielo grave di batuffolose nuvole grigio-giallino-rosate, ognuno a casa sua a siringarsi le viscere di sostanze nutrienti in formati ad alta densità, banchettando con parentado residuo. Anche a sentirsi estranei al tutto, te ne stai a casa, visto che è tutto chiuso.

Ok...penso che questo flusso più o meno libero di associazioni sia finito.

giovedì, dicembre 20, 2007

L'improvvida irruenza di un inetto emotivo



- Franco Battiato: centro di gravità permanente -

Momenti neri...

Capitano e spesso non sono nemmeno tanto evidenti, sono solo vaghe sensazioni di fondo, promesse di cadute possibili, se non probabili. Su tutto aleggia il solito, assillante senso di impotenza, spesso, più che reale, percepita come tale e, talvolta, proprio per questo, reale nei suoi effetti concreti.

Parlare non significa necessariamente comunicare. La cosa vale anche rifelssivamente: possiamo raccontarci all'infinito storie molto ben congegnate, facendo tranquillamente finta di non saperlo, riuscendo a convincerci alla perfezione.

E' incredibile a quanto poco possa servire, alle volte, rimuginare su di un problema, pensare, riflettere: credi di migliorare la situazione, invece finisci solo per fare danni ulteriori, ammantandoli per di più della qualifica di "azione ragionata" e rendendoli praticamente assai più ostici da risolvere.

Forse ho necessità di più istinto e meno paura, necessità di familiarizzare di più con l'incertezza, infondo non sono poi così inetto e strade sensate ne ho trovate anche io, non c'è motivo di ritenere che la cosa non si riproponga.

Boh...

martedì, dicembre 11, 2007

Tutto il tempo del mondo


Se hai una cicatrice, vuol dire che la ferita si è rimarginata, ma avere una cicatrice non è come non essere mai stato ferito.

Se la ferita si è ben rimarginata non dovrebbe riaprirsi, ma a volte succede. Non necessariamente è una cosa particolarmente grave, magari lo è stata all'inizio e ora non lo è più, ma, a prescindere da questo, ti ricorda che sei vulnerabile, che non puoi avere certezze assolute, sicurezze assolute.

Fortunatamente quando non duole tendi a dimenticartene, non la senti e quindi, in pratica, non c'è. A volte però ti ci cade l'occhio, magari mentre stai errando con la mente tra branchi di pensieri oziosi, e allora la consapevolezza torna e ti affligge. E' possibilissimo che si tratti di un breve momento, che come è venuta vada via, ma a volte, se le circostanze sono adatte, ti si infila dentro come una melassa scura e non ti lascia fino a che non la cacci provocandoti conati.

Se hai una cicatrice, vuol dire che la ferita si è rimarginata, ma avere una cicatrice non è come non essere mai stato ferito. Si va avanti, quasi sempre, molti vanno avanti pure meglio...certo, ma è sempre qualcosa con cui devi fare i conti.

C'è stato un tempo in cui pensavo di non essere capace di "chiudere" alcunché, in cui credevo che non fosse mai davvero possibile chiudere alcunché, in seguito, mi sono reso conto che è vero che il tempo risolve molte cose...già, ma a differenza di quanto non credessi in passato, non ho "tutto il tempo del mondo".

lunedì, dicembre 03, 2007

Microsignificati - Macrosignificati



I santi hanno ucciso gli eroi...

Pensiero istantaneo, a scadenza rapida, che perde significato mentre il tempo passa fin dal momento in cui mi si è presentato alla mente.

Muore il tempo per rinascere infinite volte. Siamo ciechi, molto più di quanto non lo si potesse essere un tempo. Che poi siamo...io ed alcune persone a me vicine, tanto più che parlo essenzialmente per nozioni astratte e riciclate. Un tempo io non c'ero, o comunque non c'ero nella posizione in cui sono ora.

Resta il fatto che mi sento cieco, a prescindere da tutto il resto...anche se in realtà il resto conta, o dovrebbe contare.

Particolarmente sconclusionato stasera. Capita forse quando ci si sente impotenti, sia verso se stessi, sia verso persone a cui si tiene.

E ancora non riesco ad abbandonare questa forma impersonale. Non so se si tratta di un modo per darmi coraggio, fingendo che ci siano riferimenti stabili a me esterni, o solo di malcelata arroganza, potrebbe trattarsi di entrambe le cose, miscelate in misura varia. D'altronde, come mi piace dire/pensare molto ultimamente, non si tratta di presenza o assenza, ma di misura.

La felicità resta sempre questione di attimi e di piccole cose, almeno, mi sembra ora di poter dire così. La felicità può venire dall'immagine vivida di un futuro possibile che ti balena alla mente all'improvviso, di un futuro che magari a pensarci ti fa anche paura, che supponi soffocante, ma in quell'attimo è caldo e ti da sicurezza.

Non può piovere per sempre ed un microsignificato è comunque molto meglio del vuoto.

martedì, novembre 27, 2007

...In una scatola con una spatola...


Ci sono giorni in cui sarebbe meglio rinchiudersi da qualche parte, isolarsi dal mondo e restare nascosti fino al giorno successivo. I giorni in questione non durano necessariamente 24 ore, possono iniziare prima o dopo le 00.00. Quando capitano questi giorni, ogni cosa, fatta anche con le migliori intenzioni del mondo, fosse anche la più infima ed insignificante, risulta in problemi e figuracce.

Oggi sembra essere uno di quei giorni, ed è cominciato da ieri...

Riflessioni banali a margine: A volte, per correggere un errore fatto agendo, basta non fare nulla (a riguardo) ed andare avanti.

giovedì, novembre 22, 2007

Micromondi autocoerenti



- Video: Los Mono - Promesas -

Incredibile...

Riproduco su più livelli lo stesso tipo di comportamento: ammassare ogni sforzo, ogni impegno, ogni riserva di volontà nei pressi del termine. L'attesa dell'alba della fine, come se solamente il canto del cigno, l'ultimo colpo di coda possa racchiudere un significato degno di considerazione.

Comunque...comunque è rischioso, lo è anche nella spinta sicurezza di una vita tranquilla. A tirare troppo la corda finisce che si spezza. Ancora cose ovvie, ma almeno questa è una memoria persistente di quello che ho pensato, più persistente di altri tipi di memoria.

Tutto cambia per restare uguale (il gattopardo l'ho visto, non letto, in videocassetta millant'anni fa e mi ricordo solo l'esplicazione di questo concetto e qualche vago riferimento al contesto storico.

In tutto ciò mi duole pure un dente e nemmeno poco... mi si è infiltrata un'otturazione...onta e disonore! E ora me ne vo a letto, con un pò di etilismo in corpo, in parte inaspettatamente offerto, secondo una logica di fidelizzazione del cliente che risale a tempi precedenti a quelli in cui una scienza (o meglio una tecnica applicazione di varie scienze) istruisce gli esercenti sull'utilità di farlo e sulle modalità con cui farlo.

domenica, novembre 18, 2007

Tricko (T-shirt)



Ieri sono stato alla serata conclusiva di "Corto Potere", un concorso-rassegna di cortometraggi e sceneggiature che si tiene a Bergamo ormai da qualche anno. I pezzi proiettati sono stati parecchi e il gradimento è stato vario, ma un corto, quello che vi propongo qui, è riuscito a strapparmi un solo commento: "geniale!". Mi spiace per i non anglofoni, i sottotitoli sono solo in quest'ideoma (al concorso ho potuto godere di sottotitoli in italiano).

Tricko (T-shirt)

Director: Martin Fazeli
Production: Forward International
Producer: Igor Bossman; Pavel Simbartl; Raffo Tataro
Director of Photography: Tomas Sabo
Post Production: 727 Studio
Editor: Matej Benes
Music: DFL&Domora, Daniel Walter, Pete Williams
Presented by Hey Dan Independent, Bratislava. Production Service: Clown Town Sound Studio, SurroSound

sabato, novembre 17, 2007

In spregio all'originalità


Schifo, schifo e tristezza per gli originali.

Vituperio schiumante rabbia canina s'è versato, comunque, per ogni genere di estremista, per ogni invasato, perché siamo assolutisti nell'avversare ogni assolutismo. Non già per gli originali.

Se si è scritto e si è detto tutto, se ogni spot e telegiornale sul piccolo schermo ne traccia i lineamenti, se è tale la fame di diversità a prescindere da svuotare di senso ogni possibile contestuale contenuto di questa o quella manifestazione di diversità, lasciando solo la diversità in quanto tale...e dunque non diversa in quanto uguale a se stessa...dove sarebbe questo nuovo? Questa trasgressione, quest'originalità?

In attesa dell'anima senza corpo e del corpo senz'anima, possiamo sorprenderci soltanto della progressiva putrescenza del frutto maturo, di quella stagnante immobilità che procura nutrienti per il futuro. Ballate pure, profeti di ogni parziale negazione, nudi davanti ad un fuoco! Nemmeno i più convinti tra voi possono ancora negare di essere umani. Altri, più coscienti vestigia di un mondo che sta per essere stato, conservano inutili e limitati brandelli di empatia, che sempre più mostra la sua debolezza e contestualità, legata all'uomo che si prepara, collettivamente, all'oltre uomo, come chi si prepari all'inevitabile sapendolo inconoscibile.

Faremo come chi disprezza chi possiede perché possiede e si sente dare dell'invidioso, rispondendo con sdegno che si tratta di principi, ma sapendo che l'invidia è più complessa del banale desiderio di possesso dell'altrui posseduto.

Dunque, spregio, spregio possente verso ogni originalità dichiarata tale, millantata o sfoggiata come diamante lavorato. Il bagliore del nuovo, dell'inveterato, dell'esotico, ci abbaglia di per sé, non per l'annuncio fatto della sua luce. Nemmeno un banditore muto, ma nessun banditore.

Delirio raziocinante, questo, che come qualunque altro si avviluppa su se stesso e sui suoi presupposti e che in se stesso trova le fragilità che ne pretenderanno il crollo. Nessun originalità in questo...e dunque solo un minimo di coerenza interna, a prescindere dal fatto che valga qualcosa.

venerdì, novembre 16, 2007

God is a smoker


Qualcuno ha detto che dio è un Dj.

Io non sento altro, quando mi fermo ad ascoltare, che il cacofonico rumore dei miei pensieri nel silenzio-non-silenzio.

Dio è un nevrotico/paranoico...e noi siamo sigarette.

Ci estrae con mano tremante dal pacchetto delle possibilità e ci porta alla bocca. Ci accende con la fiamma della vita, dell'esistenza, e ci fuma a grandi boccate. Ci consumiamo in fretta, nel volgere di pochi minuti (divini) e, alla fine, non lasciamo di noi che fumo, cenere e filtro (per chi ce l'ha). In una parabola discendente spegniamo il nostro ultimo calore, una luce di brace infima nel buio di una notte fredda, cosmica ed eterna, fino all'impatto con l'oblio del suolo.

Quanta bellezza in quel cadere, in quell'ardere disperato...

Dio è un fumatore a catena, chain smoker, ma non è un social smoker: fuma da solo...gli piace così.

lunedì, novembre 12, 2007

Le conseguenze del fervore


Quando hai qualcosa che ti rode, che ti infastidisce, sarebbe sempre meglio decidere fin da subito se parlarne apertamente con chi di dovere o passarci sopra/decidere di rifletterci su per un pò. Qualora si scelga la seconda ipotesi non, e dico NON, se ne dovrebbe fare continuamente parola con altri, magari chiedere a qualcuno come la vede, giusto per farsi un idea più precisa del problema, ma niente di più.

La lamentazione eccessiva (e lo diventa ben presto) è qualcosa che porta spesso a conseguenze nefaste e non volute. Se c'è qualcosa che preme per uscire, dopo opportuna riflessione (non sempre tutto quello che ci passa per la testa, nel modo in cui ci passa per la testa e nel momento in cui ci passa per la testa, corrisponde a quello che vorremmo/dovremmo dire), la si dovrebbe assecondare, specie se si ha una faccia molto..."comunicativa".

Il rancore e i suoi derivati logorano ed il discutibile piacere che si può provare nel covarli può avere un prezzo ben più alto di quanto non ci si immaginava.

L'impersonale non trarrà in inganno nessuno di coloro che mi conoscono: si tratta ovviamente di un'auto-tirata di orecchie.

lunedì, novembre 05, 2007

Un giorno il male di vivere ho inscenato


Rassicurazione...

A volte capita di sentirsi deboli, insicuri, imbranati, incapaci di gestire anche la più stupida delle situazioni. Si può semplicemente arrendersi all'idea di essere imbranati cronici e passare sopra al problema, sperando forse di avere vicino qualcuno in grado di aiutarci. Questa "soluzione" però non è sempre applicabile, perché ci sono cose che possono essere fatte solo in prima persona e, nella maggior parte dei casi, le cose importanti ricadono in questa categoria. Quanto detto è, credo, tanto più vero quanto più l'età avanza.

Capita, nelle circostanze in cui si verifica la necessità di affrontare da soli i propri problemi, di farsi prendere dal panico, spesso per sovrastima del problema e/o per sottostima della propria capacità di risolverlo. La paura, che nasce come ottimo strumento di sopravvivenza, in circostanze simili, tende ad avere il deleterio effetto di profezia che si autoadempie: una cosa da nulla, o magari una situazione la cui gestione è impegnativa ma possibile, diventano ostacoli insormontabili. L'ansia finisce per far fare cose immensamente stupide, finisce per portare qualsiasi cosa all'esasperazione, per far chiedere insensate e pedanti rassicurazioni a persone con cui crediamo di avere un problema che, magari, proprio questa richiesta pone in essere. Seguendo questa strada non si fa altro che essere artefici di epiloghi nefasti.

Ci vuole coraggio e non parlo di coraggio da eroi, di coraggio con la C maiuscola, parlo di un coraggio molto più piccolo e banale, di un coraggio quotidiano, che, pare, ai tempi dei nostri genitori e, ancor di più, dei nostri nonni si trovava in chiunque fin dalla più tenera età, o quasi. Il mondo era più duro allora e si badava alla sostanza delle cose, non in quest'epoca di bamboccioni eterni infanti. Non so quanto sono ironico...

Il coraggio serve per fare serenamente le scelte di tutti i giorni, sapendo di poter sbagliare e soffrire, ma agendo per ottenere ciò che si desidera in modo poi da non ritrovarsi con in mano solo sogni e speranze, a prendere, pioggia aspettando treni già passati in una stazione deserta.

Lo so, è tutto molto banale...ma, ancora una volta, sono riflessioni contestuali.

giovedì, ottobre 25, 2007

Momenti


Ci sono dei momenti in cui ti senti estremamente vivo e senti cose che fai, che normalmente valuti molto poco, incredibilmente importanti.

In tutto questo, spesso, alcol (in quantità ragionevoli), amore e musica giocano un ruolo fondamentale.

Se si imparasse a coltivare questi momenti adeguatamente, basterebbero da soli a ripagare il biglietto della vita


lunedì, ottobre 22, 2007

Alice - la morte/nascita


- Questo racconto è per la mia Chiara -

Alice aveva freddo. Alice aveva un freddo fottuto. Le mani di Alice si stavano congelando, le dita si irrigidivano, non le sentiva più. Chiudere il pugno era una sofferenza atroce. Chiudere e aprire il pugno era come stringere lame affilate, ancora e ancora. Alice stava facendo amicizia con il dolore. Il dolore saliva lungo le braccia di Alice. Ghiaccio liquido scorreva nelle vene. Cristalli acuminati martoriavano la carne da dentro. Alice voleva fare amicizia con il dolore.

- Non scappare, Alice, dal dolore…non scappare.

La bocca di Alice si muoveva a scatti. Le labbra di Alice erano roventi. Qualcosa di caldo e liquido bagnava la pelle secca del volto di Alice. Non erano lacrime, Alice lo sapeva, troppo dense, troppo lente nel rotolare giù lungo le guance, intorno alla bocca di Alice. Alice alzava gli occhi al muro. Uno specchio sporco e rotto mostrava Alice ad Alice.

Alice, la piccola Alice, la povera Alice. Alice aveva la faccia scavata, gli occhi infossati dal contorno livido. Alice aveva gli zigomi sporgenti e la bocca screpolata. Alice aveva la pelle bianca ricoperta di sporcizia e i capelli castani, pieni di polvere. Alice, la piccola Alice, piangeva sangue, denso, scuro, lento.

Il dolore era lo scialle gelido sulle spalle di Alice. Alice sapeva, come sapeva che il rosso è diverso dal nero, che quando il dolore fosse entrato nel petto, quando il dolore, gelido, avesse raggiunto il cuore, Alice sarebbe morta. Il dolore non era più amico di Alice. Alice aveva paura.

- Scappa Alice, corri via dal dolore. Caccia il dolore Alice!

Alice sudava, il cuore di Alice batteva scomposto contro il petto. Alice si alzava in piedi di colpo. Polvere e calcinacci cadevano dal corpo di Alice. Fuori dalla porta. Fuori dalla porta correva Alice, lungo il corridoio buio. Lungo le scale strette. Lungo il vialetto in mezzo al fango. Nel vicolo deserto, sotto una pioggia fetida. Alice si fermava, alzando la testa a fissare il cielo plumbeo tra i palazzi. Nel cielo una faccia smisurata, la faccia di un titano. Nel cielo la faccia del titano parlava parole enormi e pesantissime. Le parole enormi del titano stridevano l’universo. Alice si portava le mani rigide alle orecchie e urlava per quel rumore insopportabile. Le mille lame di ghiaccio affondavano nei palmi di Alice. Alice soffriva e cadeva, cadeva sull’asfalto.

Lentamente, il terribile suono lasciava il cranio di Alice, rimbalzandovi sempre più sommesso. Alice si rialzava e riprendeva la corsa. Le parole del titano erano sagge, Alice sapeva cosa fare. Alice correva lungo il vicolo, fino in strada. Attendeva, Alice, in agguato nell’ombra del palazzo. Un omino piccolo, un omino insignificante avanzava nervosamente verso Alice. Nella sua camicia gialla, nella sua giacca marrone, nei suoi pantaloni grigi, l’omino avanzava verso Alice. La mano di Alice saettava dall’ombra. Si chiudeva la mano di Alice intorno alla cravatta marrone dell’omino. Le mille lame di ghiaccio affondavano nella mano di alice. L’omino spariva nell’ombra.

L’omino era piccolo, insignificante. L’omino era basso e calvo. Il grosso naso coperto di punti neri. L’omino aveva le labbra grosse e la bocca piccola. L’omino tremava davanti ad Alice. Alice era alta, più alta di lui. Alice era bianca e livida. Alice aveva la morte negli occhi. La paura era nello sguardo di Alice e con la paura la follia.

- Dammi i tuoi soldi bastardo d’un nano! Dammi i tuoi soldi e pure l’orologgio! Dammeli o, giuro, sei morto, stronzo di un nano!

Alice era furiosa. Sbavava e schiumava come un cane. Alice non voleva morire. Il nano bastardo non l’avrebbe fermata. Il nano fottuto non l’avrebbe finita. L’omino frugava le tasche tremando. L’omino, la gola strozzata dalla cravatta marrone, orinava nei pantaloni con leggero scrosciare.

- Prendili! – diceva porgendo il portafoglio – Prendili, ti prego, ma lasciami andare!

Gracchiava l’omino sospeso dal suolo. In punta di piedi pregava e piangeva.

Il braccio di Alice sembrava spezzarsi in mille cristalli di ghiaccio.

- Dammi bastardo! – Urlava Alice lasciandolo al suolo – Stai zitto! Che cazzo ti preghi! Che cazzo ti urli, nano di merda! AH! La testa! La testa mi scoppia!

L’anfibio di Alice si abbatteva feroce sull’inguine basso. L’omino cadeva in ginocchio, la virilità solo un ricordo in poltiglia. Un urlo muto fermo sull’O della bocca. Il dolore era nel petto di Alice. Il dolore le stringeva i seni, amante violento. Il dolore voleva prenderle il cuore. Alice stava per morire.

- Dammi il cazzo di orologio nano di merda! Dammelo!

Ma l’omino, le mani all’inguine, restava immobile. Gli occhi persi nel vuoto, l’omino non si muoveva.

La mano di ghiaccio di Alice, la mano destra di Alice, scompariva dietro la schiena. Compariva un lungo coltello lucente. Gelide lame le trafiggevano il palmo e le dita. Il coltello di Jak, un coltello da caccia. Balle. Un coltello militare. Trenta centimetri, trenta centimetri e la sezione a triangolo. Le ferite non si chiudono. Trenta centimetri ed il retro seghettato. Jak era morto. Quello era il coltello di Alice.

Il coltello spariva nel ventre dell’omino. Il coltello spariva in un baleno, ma la penetrazione di Alice durava all’infinito. Tempo lento. Alice sentiva la resistenza fibrosa dei vestiti, la resistenza gommosa della pelle, la resistenza collosa del grasso e dei muscoli. Alice penetrava nel ventre dell’omino trenta centimetri di acciaio.

Alice sentiva caldo allo stomaco e guardava gli occhi di vetro dell’omino. L’omino non era più insignificante. L’omino era la morte e la morte Alice aveva evocato. L’omino era l’opera d’arte di Alice. Alice sentiva caldo allo stomaco, caldo languido, caldo liquido e denso che scendeva all’inguine. Il caldo bagnava Alice a spasmi, a contrazioni lente e violente. Il caldo era nel naso di Alice, la dove sta il freddo crampo se mangi troppo veloce un gelato. Il caldo era negli occhi di Alice, umidi, usciva lungo la strada del sangue, ormai secco. Alice gemeva sotto voce, una singola volta, la bocca aperta, contratta. Un rivolo di saliva sottile colava dal labbro di Alice. Gli occhi di Alice persi nell'estasi.

Ma il dolore tornava feroce, in vortici, spirali, scendeva in profondità. Il dolore puntava al cuore. Un’altra morte Alice aveva evocato, non la sua. Alice guardava la morte continuando a morire.

Riscossasi, Alice tornava a temere. Alice tirava il coltello col rigido braccio. Lame di ghiaccio trafiggevano il palmo. Era come un sacco di plastica pieno di immondizia. La lama seghettata usciva a fatica. Alice tirava con forza rinnovata. Il sacco si apriva versando budella, icore e fetore. Le mani di Alice erano piene di sangue. Il calore fugace le dava sollievo, le lame di ghiaccio parevano uscire. Il falso sollievo rimaneva di stucco, riprendeva Alice a fuggire.

Di nuovo per vicoli oscuri e vuoti. Alice correva forsennata. Alice sapeva dove andare: il titano nel cielo era saggio, troppo saggio da ascoltare. Ma si doveva obbedirgli per fuggire alla morte. Alice sentiva ansimare. Rumore di artigli sull’asfalto del vicolo, dietro le spalle Alice sentiva la morte. Sopra la spalla si era girata a guardare. Cerbero tricefalo, vomitando fuoco, le puntava le natiche. La bestia enorme sbatteva contro i muri dei vicoli stretti. Terremoti e piccoli crolli. Ogni cosa sul suo cammino veniva schiantata.

- Alice la morte ti segue! La morte ti prende! La morte è la fine! Scappa Alice!

Alice piangeva ancora una volta. Iniziava a zoppicare. Il freddo maledetto le mordeva le gambe. La bestia feroce guadagnava terreno. Per tempi infiniti, tra mura infinite correva Alice, dimentica anche di respirare. Una porta nera le si parava di fronte. Sulla porta un cuore rosso a spray colato. Alice sapeva che la doveva attraversare. Allungò sulla maniglia la mano. Lame di ghiaccio la trafissero tutta. Sentiva dietro guaire. Cerbero tricefalo non si arrischiava ad avanzare. Tremava come un cucciolo ed Alice rideva, ma non c’era tempo: della morte non era l’unico messaggero. Alice apriva la porta e scendeva le scale.

sabato, ottobre 13, 2007

Sammy the Salmon & Fatlip



Secondo me è geniale...poi vedete un pò voi. Sammy the Salmon è il mio nuovo guru!!!!

Testo della canzone The Salmon Dance - The Chemical Brothers (Feat. Fatlip)

Hello Boys and girls, my name is FatLip
and this is my friend Sammy the Salmon
''1 - 2''
Today, we're going to teach you some fun facts about Salmon,
And a brand new dance.
Let me introduce to you a brand new dance
I know you're gonna love it if you give it one chance
It's not complicated, it's not too hard
You don't even have to be a hip hop star
See anyone can do it, all you need is style
Listen up peep gang (?) I'm a show you how
Put your hands to the side, as silly AS SILLY AS IT SEEMs
And shake your body like a salmon floatin' up stream!
I'll float up stream
(you know how we do it, you know how we do it)
Again
*All my peeps spend part of their life in fresh water*
*And part of their life in salt water*
Wow, very interesting
*We change round a couple of days after spawning*
*Then we DIE* (?)
When I first did the Salmon all the people just laughed
They looked around and stood like I was on crack
I heard somebody say out loud what the fuck is that
This nigga's dancin like a fish while he's doin' the snap
But the more I kept doing it the more they kept feelin' it
Tnd then I heard some bitches say yo that niggas killin' it
By the end of the night everyone was on my team
And the whole club was dancing like a salmon floatin' up stream!
I'll float up stream
(you know how we do it, you know how we do it)
again.
*Most of our friends find their home waters by their sense of smell*
*which is even more keen than that of a dog or a bear*
Wow.
*My family also rely on ocean currents, tides*
*The gravitational pull of the moon*
The moon? Fish pay attention to the moon? Wow.
*Did you know?*
What?

*That I could go to Japan, and back.*
You're kidding me. Amazing. Jeez.
*Polluted water can kill both baby salmon, that are developing*
*and the adult salmon, that are on their way to spawn.*
Wow what a shame, what a shame
Huh?
Woah.
Wow. Hey kids, hey give it up for Sammy the Salmon and his amazing salmon dance.
Huh? Whadda ya say?
Who's Hungry?

Da parecchio tempo non bevevo così...

- Death in Vegas - Hands around my Throat -

Qualsiasi cosa io possa pensare e scrivere esprime la mia medianità.

Non importa granché quanto io possa differire dalla mia categoria di riferimento...ho una categoria di riferimento. In sostanza e senza stare troppo a sottilizzare io sono ACCETTABILE, posso essere ritenuto sfigato o degno di considerazione, ma sono, comunque, pienamente ACCETTABILE.

La normalità è più di un concetto statistico, è assai più ampia di quanto non si possa pensare. Il sistema è enorme e comprende funzionalmente anche parecchio di ciò che è "anti-sistema".

Forse è solo una questione di originalità, una questione grandemente idiota, perchè potrebbe essere girata come questione dell'assoluta incapacità di sentire l'originale, o come la questione dell'autenticità, dell'originale-originale, dell'irripetibile.

Paradossale l'invariabilità della percezione della solitudine esistenziale che c'è se stai tra tanti altri e ti confondi con loro, o se sei diverso da tutti.

Ora come ora provoco a me stesso la più grande delle vergogne per il motivo stesso di starlo scrivendo, eppure lo scrivo.

Non si può mai davvero regredire, ne stupirsi veramente per ciò che si è sempre saputo.

mercoledì, ottobre 10, 2007

Assurdo quotidiano, ovvero, l'eterorazionalità


Avevo l'abitudine di pensare all'assurdo come qualcosa di eccezionale, di fuori dagli schemi e quindi di infrequente, qualcosa di isolabile, di circoscrivibile da cui prendere le distanze.


Convinzione sbagliata...o almeno, questo è quello che ho cominciato a pensare da qualche tempo a questa parte. L'assurdo è dietro ad ogni angolo, quotidianamente, parlando con ogni persona, lo trovi quando ti accorgi che ognuno ha i suoi propri riferimenti in merito a cosa è "razionale" e a cosa è "sensato", che l'aura di universalità di queste parole è solo apparente.


Ogni testa è un universo a se stante ed ha una propria "razionalità", certo, l'appartenenza a specifiche gruppi, culture, società influenza questa "razionalità" e rende in certa misura simile quella di due persone con la medesima appartenenza, ma non ci sono più identità totali, ognuno si caratterizza per appartenenze molteplici e comunque la "uniformità" della razionalità richiesta/imposta dal gruppo/cultura/società (forse per fortuna) non è totale, ma è la minima indispensabile.


L'assurdo, o meglio "l'etero-razionale" se non proprio l'assurdo, è un oceano profondissimo ed "il comune buon senso", "la razionalità" sono funzioni sociali artificiali che formano una sottile patina sulla sua superficie.


(mentre finisco di scrivere ho già maturato delle obiezioni da muovere a me stesso ed al mio discorso, ma penso che lo lascerò come fotografia di un momento di solitudine esistenziale e mi accoderò ad eventuali commenti altrui :) )

martedì, ottobre 09, 2007

Petulanza e intolleranza, con una buona dose di panza


Rabbioso, intollerante, dalla lagnanza facile, sovrastimatore di problemi, sottostimatore di capacità.

Forse mai quanto ora.

Forse per colpa del brusco (ma non totale) ridimensionamento delle sigarette fumate al dì.

Stanco, stanco di me stesso, ma anche incapace di soluzioni radicali perchè non è tutto da buttare e perchè non tutti i problemi che mi assillano la testa sono cazzate pompate.

Devo farmi un corso di yoga...ma ho paura che non serva a niente.

Forse dovrei imparare semplicemente a fare più spesso respiri profondi.

lunedì, ottobre 08, 2007

Piccole, stupide, rapide riflessioni sulla morale


- Locandina del film "In questo mondo libero" di Ken Loach, la visione del quale è stata l'incipit per discussioni e riflessioni del tenore di quanto scritto a seguire -

La differenza tra teoria e pratica.

La differenza tra valore, atteggiamento e comportamento.

La coerenza tra idee e azioni e la moderazione.

Temi di rilevante importanza.

Il fatto che non sempre il nostro agire è perfettamente all'altezza dei nostri valori, il fatto che a volte sacrifichiamo parte della nostra "rettitudine" al pragmatismo e alla concretezza, il fatto che mediamo tra quello che "deve essere" e quello che "può essere", tra ciò che ci piace e ciò che riteniamo giusto...rende meno degne le nostre convinzioni, la nostra etica, la nostra morale?

Non credo, in fondo i valori sono qualcosa a cui tendere, rispetto ai quali orientarci, ma ci sono diversi ordini e tipi di valori che coesistono in ognuno di noi (tranne forse le eccezioni degli estremisti, ma anche in quel caso si potrebbe discutere). Ogni valore ha una sua rilevanza specifica, ognuno partecipa a costituire la nostra identità. Ed è proprio di questa fitta rete di riferimenti (oltre che ad elementi di altra natura) che teniamo conto nell'agire e non ad uno solo tra essi (anche se uno può essere dominante rispetto ad altri in una specifica situazione).

Riflettere sull'incoerenza che può esserci tra il modo in cui ci comportiamo ed i valori che affermiamo/vogliamo/crediamo di seguire, può portarci a rivedere i nostri comportamenti o ad essere più critici nel definire le modalità con cui pensiamo di realizzare i valori stessi, ma non necessariamente (e anzi, molto difficilmente) ci porterà ad abbandonare questi ultimi del tutto, presi da cinismo totale o ad assumerne alcuni in modo fanatico come dogmi assoluti che non ammettono alcun ti pò di eccezioni, limitazioni o adattamenti nella loro concretizzazione.

Siamo esseri umani, quindi fallibili, e i valori sono riferimenti astratti...commettere un errore o, semplicemente, mediare tra più valori o tra valori ed esigenze pratiche, non priva di per sé il valore del suo significato.

domenica, settembre 30, 2007

Autumn inside


Non so esattamente cosa mi stia succedendo in questi giorni.

Sono nervoso e stressato come raramente prima d'ora, ma la cosa più strana è che non ho idea di cosa concretamente mi faccia stare così. Ok c'è la tesi, ok c'è la fine della vita da studente, ma queste cose non mi bastano come spiegazione, ho sempre la sensazione di un qualcosa oltre di inafferrabile, ma presente.

Magari è solo "anomia", la mancanza di un inquadramento stabile per le mie giornate, d’altronde ho finito i corsi e vengo in università molto più di rado. Restare a casa troppo spesso mi fa male all'umore, benché non sia sufficiente "uscire di casa" per risolvere.

spero a breve di potermi mettere sotto con la tesi, inoltre, da venerdì comincerò a lavorare in università. Immagino che queste cose dovrebbero aiutarmi. Sono sempre stato un "contemplativo" e ho sempre grandemente subito il "fascino del vuoto".

Il vortice del pensiero chiuso in se stesso, però, negli ultimi anni, man mano che si è fatta strada la consapevolezza profonda che il tempo non è infinito benché per tutto ci voglia tempo, ha cominciato a nausearmi, a stancarmi, a farmi male.

Il malessere dovrebbe essere spinta sufficiente all'azione, ma c'è l'inerzia dell'abitudine, di quel fascino di cui parlavo sopra e comunque resta il fatto che sono un "contemplativo" e non un "frenetico". Devo elaborare le mie vie di mezzo, i miei tempi e i miei spazi, parallelamente devo capire il mio nuovo me, i miei desideri, bisogni, aspirazioni e non c'è "prima uno, poi l'altro", le due cose sono contestuali e proprio in questo sta la complessità.


...e comunque è autunno (anche se oggi fa caldo) e questo spiega molte cose...

martedì, settembre 25, 2007

SPIME...



Possiamo digerire molto più di quanto assimiliamo, percepire molto più di quanto interpretiamo e questo può essere la via della sostenibilità, dell'adattabilità, la risposta all'incertezza.

SPIME, informazioni sostanziate, oggetti che "ricordano" e "comunicano" l'uso che ne facciamo, mari di informazioni raccolte "irrazionalmente", prima di sapere se e come ci serviranno, come un brainstorming totale che produce idee innumerevoli tra le quali alcune, la minoranza, risultano vincenti. Ogni singolo prodotto come un esperimento di esistenza, come una piccola "metastoria" che compone una "società sincronica".

Il nuovo valore, la nuova etica: il tempo e le possibilità, ogni valutazione va calibrata su quante possibilità, potenzialità ci apre una scelta da qui verso il futuro. Tutto ciò che riduce le nostre possibilità, la nostra adattabilità, la nostra capacità di rispondere all'imprevisto-imprevedibile è da ritenersi deviante e va scartata.

Basta errori epocali, abnormi, irreversibili. Più microerrori e più riflessione e messa a frutto dell'esperienza ricavata, maggiore adattività all'accidente, all'inimmaginabile secondo la logica dell'accumulazione di informazioni senza pretesa di uso razionale noto a priori, della rapidità di elaborazione di ogni nuovo problema e di ricerca dela soluzione entro il campo informativo noto piuttosto che da elaborare.

Tutto questo mi deriva dalla lettura preliminare di un interessante saggio di Bruce Sterling, "La forma del futuro", scrittore di fantascienza da me assai apprezzato che immagina qui il futuro a partire dagli oggetti, dalle loro caratteristiche e dalla loro natura. A volte mi sembra delirante, altre mi fanno paura le immagini che evoca, salvo poi trovarle molto affascinanti. Mi sta prendendo molto, inoltre ho scoperto che Sterling cura la rubrica "Beyond the Beyond" sul blog Wired ed è proprio da li che viene il video musicale a corredo del post.

sabato, settembre 22, 2007

Il lago, la ragazza e Servillo


Ieri ho rivisto Servillo all'opera.

"La ragazza del lago". Bel film, soprattutto belle atmosfere invernali, fredde, montane, pacate, ovattate e tutti gli altri aggettivi che potrei cercare di usare per rendere sensazioni provate che, in sostanza, non credo potrei mai riuscire a rendere.

Forse il film è un pò lento, forse, come dicono molte recensioni la presenza di Servillo schiaccia quella di tutti i comprimari, ma a me è piaciuto, probabilmente, in effetti, proprio per l'attore protagonista.

Comunque, anche se non si può parlare certo di capolavoro (come si può fare, per me, con "Le conseguenze dell'amore", con lo stesso Servillo e la regia di Sorrentino), fa piacere vedere come il cinema italiano riesca a produrre film del genere e non si possa ridurre a "vacanze di natale" e vanzinate simili. Lo so, lo so, sto facendo lo snob...ma per ora contemplare il mio Paese (e me stesso in esso, non me ne tiro certo fuori) mi da un pò lo sconforto.

Non so che pensare di Grillo..."ci salverà" o sarà solo un altro urlatore in quest'operetta? Defibrillatore o bastone puntuto per stuzzicare l'orso malato attraverso le sbarre della gabbia?
Di sicuro, lo so già e non devo chiedermelo, Grillo non basta, sarebbe ridicolo pensarlo, quello che mi chiedo è se porterà a qualcosa o se finirà ancora in calunnie su calunnie. (La mia ingenua trappola è tesa, aspetto g. al varco).

lunedì, settembre 17, 2007

8 cose su di me


Molto rapidamente e solo considerando il fatto che il "teribbile" esame di filosofia politica (penultimo della mia carriera universitaria) che pensavo mattutino, ho scoperto di averlo in realtà di pomeriggio.

Cose che dovevo fare:
  • continuare a scrivere sul bolg (appunto).
  • finire di scrivere una accurata quanto lunga risposta alla domanda che il buon g. mi aveva posto replicando al post precedente (stavo sforando la pagina, ma l'ho lasciata li per intervenuti problemi di connessione).
  • rispondere alla cara Amanda in modo quantomai appropriato (vedi problema punto precedente)
  • obbedire all'ingiunzione della cara Mandeorla, dunque a seguire...
...a seguire otto (mo vediamo) verità - curiosità - pettegolezzi che mi riguardano. Temo che potrei essere almeno un pò brutalmente sincero, ma visto che il soggetto sono io, farò male solo a me stesso.
  1. Ho la fissazione assurda di essere "corretto" (anche se, com'è ovvio, passo fin troppo tempo a capire che significa) e mi preoccupo fin troppo di cosa possano pensare gli altri. Il che non significa affatto che poi io sia sempre "corretto" o che voglia sempre esserlo, anzi, è solo che ho l'ossessione.
  2. Sono figlio di mio padre e di mia madre (ma va!), un ingegnere ed un'insegnante di lettere e sono costantemente lacerato (come già ho detto altre volte in altre forme) tra una parte razionale e logica che di norma e per i più è la più evidente e, forse dominante, ed una più emotiva e passionale che si vede in momenti specifici e che mi fa costantemente sentire scontento rispetto a come sono (nel senso di razionale). E questa sarebbe solo la punta dell'iceberg delle mie contraddizioni laceranti di origine familiare...
  3. Da piccolo schifavo peperoni, melanzane e carciofi. Adesso schifo solo i carciofi, peperoni e melanzane li adoro.
  4. Ho fatto un sacco di esperienze tipiche (almeno per la mia generazione se non per la mia epoca) da un pò a molto in ritardo rispetto a quando sarebbe tipico farle, ma non ho ancora capito se questa cosa ha degli aspetti positivi o sono solo un tardone.
  5. Odio il "tempo espanso" ovvero quello che si sperimenta nel periodo (da poche ore a qualche giorno) prima di un evento sgradevole ed inevitabile. Questo tempo sembra non passare mai eppure finire troppo in fretta perchè ti viene da fare tutto tranne quello che dovresti fare per prepararti al meglio al momento sgradevole incombente e, siccome ti sembra tempo vuoto, finisci per riempirlo pensando ad un sacco di cose, tutte comunque non particolarmente gradevoli e siccome i cattivi pensieri sono additivi, anzi, moltiplicativi...
  6. La mia ciclotimia (frequenti sbalzi di umore) mi qualifica tanto quanto la mia tendenza alla logorrea e alla capacità di impegnarmi a convincere di qualcosa me stesso, mentre sto parlando con altri. Ho anche qualche pregio :)
  7. E' da qualche anno, e la cosa peggiora con il tempo, che mi atterrisce realizzare quanto sono diventato "vecchio".
  8. Riesco ad essere terribilmente fatalista e sono ossessionato dall'empatia. La via del sociologo è contemporaneamente la migliore e la peggiore che potessi scegliere.
A questo punto, secondo le istruzioni di mandorla, dovrei indicare altre otto vittime designate di questo autosputtanamento (come se non lo facessi già di mio). Ma per motivi che le ho già spiegato, indicherò l'unica persona dotata di blog (attivo) oltre lei che conosco.

Amanda

mercoledì, settembre 12, 2007

Agrafia...


L'altro giorno, dopo la consegnia dell'estenuante tesina a tema violazione dei diritti umani in Cecenia, mi era tornata voglia di scrivere, oltre che buon umore. Per quanto uno possa cercare di prendere le distanze quando fa una cosa del genere, è inevitabile restarne colpiti e, visto che la situazione nella repubblica caucasica è veramente ai limiti del concepibile, ero sollevato dal non dover più leggere/scrivere di quell'atrocità ogni giorno. Magari, dopo l'orale, cinicamente dimenticherò, anche se non del tutto.

Comunque, mi era tornata la voglia di scrivere e avevo scritto, ma una connessione incomprensibilmente assente mi aveva impedito di pubblicare e, il riavvio forzato del pc, di salvare le quattro idiozie scritte.

Ora il mood è tornato un pò ad essere quello del mutismo (l'equivalente grafico...agrafia?), ma siccome nonostante non scriva un cavolo da tempo vedo che, quotidianamente, ci sono almeno un 16-17 visite, perseverare in questo stato di inazione mi sembra...scorretto (?).

Non che con questo post io abbia aggiunto gran che al nulla, ma volevo ringraziare g. (in particolare per le sue sagge riflessioni da uomo maturo - e non scherzo -), amanda, angelo e tutti gli altri che sono passati a leggere o scrivere.

PS: avevo un'ammorbante dissertazione sulla natura della "normalità" e della "anormalità", ma mi ero rotto le palle da solo ed ho voluto risparmiarvela.

mercoledì, agosto 29, 2007

Pane, confusione e serie televisive che mi piacciono da parecchio tempo



Di nuovo piena sindrome da Scrubs...

Mio cugino mi ha passato la quinta serie e me la sto divorando nei ritagli di tempo. Non pensavo potesse farmi ancora lo stesso effetto: mi diverte, mi fa pensare, mi rattrista un pò e dopo mi sento strano e finisco per farmi un sacco di domande a cui finisco molto presto per non dare risposta.

Comunque, il fatto ora è che mi sento sospeso, sospeso in mezzo ad un mare di cose e non so bene da che parte andare. Sarà il periodo, saranno gli eventi recenti, sarà una spropositata tesina da fare in fretta con il timore di metterci molta fatica e ottenere risultati inadeguati e rovinarmi la media (sono due esami accorpati, il voto vale doppio), sarà che devo capire come mi sento rispetto a tante cose, sarà che sono prossimo all'età adulta, sarà che per tutte queste cose deve passare del tempo...boh.

Il risultato è, comunque, che fumo come un turco (mi perdonino i turchi salutisti) e faccio incubi assurdi (no, stanotte no), specie nella prima mattinata, appena prima del risveglio, in cui muoio obeso, solo e sfaccendato per complicanze cardiache (tutti pensano ai problemi che il fumo causa ai polmoni, di recente alla mia attenzione è stato fatto notare che ne causa anche al cuore).

Come dico sempre, e come mi impegno a credere, la cosa bella di questi periodi è che finiscono (glissando agevolmente sulla natura potenziale di quelli a seguire).

martedì, agosto 21, 2007

Il lungo viaggio verso casa

- Nel video un momento della tradizionale processione "in corsa" di St. Sebastiano, benchè io non sia particolarmente devoto, la cosa è piuttosto caratteristica. Kliccando sul titolo del post, maggiori informazioni -
A volte gli adii sono davvero tristi...
Molta gente nella mia condizione, quella di figlio di emigrati meridionali che tornano nel periodo estivo ai luoghi natali, tollera la trasferta sempre più malvolentieri fintanto che è forzata, poi prende rapidamente le distanze, archiviando la cosa tra i ricordi infantil-adolescenziali.
Altra gente, tra i quali mi colloco io, invece finisce per considerare quel posto una seconda casa, una meta felice a cui pensare ogni tanto, un luogo dove tornare volentieri ogni anno, nonostante l'età che avanza.
Personalmente, in questo posto ho gli amici che conosco da più tempo e ai quali sono profondamente legato. Molti di loro non sono nemmeno di qui, anche loro figli dell'emigrazione, alcuni invece se ne vogliono andare o se ne sono andati, ma ci sono circa una ventina di giorni all'anno in cui non mancherebbero di tornare per nessun motivo al mondo.
Questo posto per me è qualcosa di indefinibile, qui ho vissuto ogni genere di esperienza, non necessariamente positiva: mi sono innamorato (infatuato), mi sono divertito, ho riso, scherzato, mi sono incazzato, ubriacato, ho vomitato e sono arrivato sull'orlo del coma etilico, ho portato a spalla un amico sull'orlo del coma etilico all'ospedale. Ho sperimentato l'amicizia, l'abbandono, il tradimento e la fedeltà, la tristezza, la nostalgia e la paura, il senso di colpa. Mi sono sentito orgoglioso e mi sono vergognato...sono cresciuto.
Si tratta di cose che ho fatto anche nel luogo degli altri 11 mesi, che comunque è casa mia ed è dove si svolge la mia vita, ma l'estate, la concentrazione incredibile di eventi, gli affetti, una parte consistente e importante della mia famiglia e molti dei miei ricordi sono qui...e avranno sempre un posto nella mia mente e nel mio cuore.
Un addio triste quello di oggi, eppure una voglia enorme di tornare a casa e combattere per riavere (o avere) una delle cose forse più importanti della mia vita ad oggi.

sabato, agosto 18, 2007

Nella buca del formicaleone


Scrivo e parlo…cerco di imparare, in tempo, perché tutto questo non sia inutile.

Cerco di fare la cosa giusta, ma non è facile, tutto sembra così terribilmente sbagliato.

Sono solo? Chiunque è solo di fronte a se stesso. Quindi punto e da capo, a spremere ogni consiglio per cavarne un goccio di sostanza, di luce, di risposta.

Come sempre, invariantemente, il tempo vuole ciò che è suo e sarà vischioso e lento quanto crede e tanto più quanto si cerca di far si che non lo sia.

Matura e cresci, non morire e divieni più forte, a questo serve.

Ci vuole una fatica abnorme a non credere alle coincidenze, il contrappasso è dietro l’angolo e non per giustizia, comunque non una che sia intelligibile, solo e sempre per il caso e secondo una proporzionalità altrettanto oscura.

Incredibile è lodare appassionatamente presso qualcuno che non si deve convincere di nulla, qualcosa che si ha paura di stare perdendo e che ci si deve convincere a non lasciar fuggire.

Il nucleo è sofferenza, tristezza, confusione, tutto il resto è noia e fastidio, ogni singola cosa, tanto che a pensarci uno si sente terribilmente arrogante, visto che, come è giusto che sia il mondo gira come ha sempre fatto, perfino in presenza di sofferenze incommensurabilmente maggiori…che vergogna!

Il senso del dramma l’ho sempre avuto, ma era da tempo che lo avversavo con risultati tutto sommato apprezzabili…la differenza è quando non si tratta di un vezzo, ma di uno stato d’animo da cui non riesco a uscire pur con tutti gli sforzi che faccio, come dalla buca di un formicaleone.

E, in tutto questo, so anche che, molto probabilmente, non dovrei scrivere nulla sul blog e che questa mia iperespansività da diario segreto su un diario che è decisamente pubblico, è quantomeno fuori luogo…come dicevo tempo fa, d'altronde, la consapevolezza è il primo passo, ma, spesso, il miglior alibi per non continuare a camminare.

venerdì, agosto 17, 2007

Bleeding heart


Ho dell'Amore il più cieco terrore...

Una volta accettato presso di sé non c'è alcuna difesa e la sua forza, come tutte quelle primigene del cosmo, non ha alcun connotato morale, non è ne buona ne cattiva, è solo immensa, può spingere a creare, riempire l'anima ed inebriare, come distruggere ogni cosa, devastare lasciando infinite macerie sul suo cammino.

Certo, non dico niente di nuovo e, forse, non parlerò così dopo che "questo" sarà passato, ma so che c'è chi capisce cosa intendo ed ora avevo solo bisogno di dirlo.

Mi sento perso, confuso come mai, come non avessi solido pavimento sotto i miei piedi, ma una foschia inconsistente in cui ogni passo mi fa sprofondare maggiormente.

Questa è forse la più grande delle paure che mi hanno attanagliato e, ora che l'affronto, mi sento totalmente annichilito e nulla di quello che posso dire o fare sembra poter risolvere la situazione, eppure l'idea di abbandonare tutto mi terrorizza forse ancora di più, perchè ormai quel confine l'ho superato, quella porta l'ho aperta e non posso tornare indietro.

lunedì, agosto 13, 2007

Summer connection



Quando si dice la fortuna...

Si potrebbe pensare, che oggi come oggi, chiunque abbia un router wireless sappia che è opportuno proteggere la connessione per evitare i terribili vampiri di banda. Si potrebbe pensarlo, come facevo io, ma ci si sbaglierebbe, e per fortuna.

Dopo due Alice protette con WPA, trac! Ecco che, girando per lo scantinato con il computer acceso con la scheda di rete attiva, ti becco una connessione aperta. Ovviamente mi ci butto a pesce (nella rete) e, in un colpo, recupero qualche oretta di connessione e mi levo dalla testa l'insistenza di mio padre che, non riuscendo a collegarsi con il 56k, smania per trasmettere file di lavoro, non accontentandosi del mio parere negativo, ma richiedendone altri due (sempre negativi).

Che fare, ringrazio sentitamente l'ignaro e ignoto benefattore, a cui non penso di togliere molto visto che ho poco tempo per connettermi e di solito lo faccio ad orari improbi per i più e riapro i battenti del blog, anche se solo per una breve comunicazione estemporanea.

Di cose da dire ne avrei tante, la vacanza procede, ma lascio il tutto ad un prossimo post, non so quando. Buona prosecuzione a tutti...

venerdì, agosto 03, 2007

La sottile inquietudine casuale



Ancora qui, lo so, dovrei essere a letto, ma la partenza è stata grandemente ritardata, quindi nn c'è necessità che mi svegli alle 5.

Invece di dormire, ecco che mi imbatto in qualcosa di sottilmente inquietante. Questo video, trovato a caso girando su youtube, si accompagna ad altri similmente inquietanti dello stesso autore, chi li voglia vedere li trova qui. Il sottofondo musicale, il tema, i personaggi...ha qualcosa di candidamente terribile.

Spiccano, tra quelli visionati, la serie di Salad Fingers ed un "tenero" pezzo su San Valentino.

giovedì, agosto 02, 2007

La lunga strada per (l'altra) casa


Per l'ennesima volta una sottile tristezza mi pervade, poco prima della partenza.

Non so, probabilmente ha a che fare con le ritualità familiari e personali, con gli eventi che, avvicendandosi, scandiscono il passare del tempo. Magari ha anche a che fare con il fatto che, al mio ritorno, non ci saranno più lezioni da seguire o qualsivoglia altra simile certezza, solo due orribili tesine (nel senso di molto fastidiose) e una TESI di laurea che, una volta tanto, vorrei fare bene.

Mi sento un pò solo e spaesato: amici che fanno le loro cose senza di me e la tipa distante...una nota di infantilismo in questi rimuginamenti.

Paranoie a parte, devo raggiungere la Sicilia in macchina e si prevede bollino nero per quanto riguarda il traffico, a ciò si aggiunga che voglio un sacco bene a mia sorella, ma che difficilmente possiamo stare a lungo vicini in uno spazio ristretto come la macchina senza dare in escandescenze, e ci sono pure i miei e c'è pure il fatto che, ipotizzando lunghe pause di silenzio (non rare durante un viaggio di una sedicina d'ore), dovrò stare a lungo solo con me stesso, prospettiva che mi annoia nn poco, è una cosa di cui ho sempre meno voglia, foriera di pessimi pensieri.

Ok, vedremo di sopravvivere, e magari anche di divertirci :) (nn durante il viaggio, si intende).

Ancora auguri di buone vacanze a tutti, che vi dislochiate o rimaniate dove siete sempre stati.

lunedì, luglio 23, 2007

Metallo (e silicio) urlante...



- Ho cambiato il video con uno un pò più chiaro -

Sapevo che sarebbe successo...da piccolo sognavo che l'avrei visto succedere ed ora sta succedendo: la fusione tra l'uomo e la macchina muove i suoi primi passi allo scoperto. Da qui in poi, oltre che gioire per le possibilità restituite a persone menomate, un infinità di quesiti nuovi, etici, giuridici e pratici, mai posti prima d'ora...da qui in poi si potrà pensare l'oltreuomo (anche se in termini differenti) non solo come un'astrazione.

Gibson e Sterling (ed Evangelisti, in particolare con il ciclo del Metallo Urlante) come Verne? Staremo a vedere...

Con questo post, chiudo (probabilmente) le trasmissioni per la pausa estiva. Buone vacanze a tutti, a chi va e a chi resta.

lunedì, luglio 16, 2007

Back to home


- Per la foto aspetto la spedizione del cugino Peppe -

Matrimonio lampo con tanto di aragoste callose e deliziosi cannoli alla siciliana farciti sul momento.

Con prato all'inglese, tramonti incredibili, mari limpidissimi, entroterra boscosi.

Con parenti lontani, amici simpatici, cugine bellissime, specie in bianco, ora intorno al mondo.

Ritorno lampo e inatteso, con notifica giunta tra capo e collo mentre si era intenti a rianimare una lampada ormai passata a miglior vita al capezzale del nonno che, stremato e devastato, non può fare a meno di resistere.

Incubi strani in cui dare giustificazioni inascoltate alle persone sbagliate per le cose sbagliate.

La sensazione insopportabile di non aver fatto nulla di sbagliato ma di avere sbagliato lo stesso.

Delusione assonnata altrui (supposta?) e la speranza, disattesa, di poter dormire il più a lungo possibile per non pensarci troppo, oltre che per recuperare sonno arretrato da troppo.

L'idea che "quello che è giusto fare" sia, almeno in certi frangenti, netto e ben definito, viene continuamente smentita dall'esperienza e nonostante l'esperienza...dopo la frenesia ricerco ancora la calma.

mercoledì, luglio 04, 2007

Nostalgia di mai e di forse



- Il video è tratto dal film "l'appartamento spagnolo", se non lo avete visto occhio agli spoiler (non guardatelo se no magari vi rovinate la visione del film) -

Questa luce non appartiene a questo posto. Questo cielo di un blu talmente profondo da fare male, queste nuvole bianche, enormi, placide, questo vento fresco che porta ancora l'eco di piogge passate ed anticipa piogge venture non sono di qui...erano in Francia, poco meno di un anno fa, venivano dall'oceano e rendevano i colori più vividi, i contrasti più marcati ed il mondo, in qualche modo irreale.

Ci sono momenti in cui la nostalgia fa paura, anche se non sai bene di che cosa hai nostalgia.

Quante cose guardiamo tutto i giorni senza mai o più vederle. Un oggetto, che so un portamatite che è sempre stato sul tavolo, la libreria, uno zaino ridotto ai minimi termini, la tua faccia allo specchio...di colpo ti trovi a fissarli e non li riconosci, ti sembrano alieni, li vedi per la prima, primissima volta. Tutte le sensazioni che avevi loro associato, agli oggetti individualmente se avevano una certa importanza, o al contesto in cui stanno nel complesso, si perdono lasciando un vuoto doloroso e un profondo disorientamento.

Fortunatamente, odiando la mente il vuoto, per associazioni rapide, si richiamano ricordi dalla memoria a riempire quell'ultimo. Questi ricordi, per opera dello straniamento, finiscono spesso per essere di luoghi e/o tempi lontani, ricordi di noi com'eravamo e di come non siamo più o di come pensavamo che saremmo stati e non siamo stati, ricordi di posti diversi visti per poco tempo ma profondamente impressi, di suoni, profumi, colori, di vita differente, posti a cavallo tra il passato e la prospettiva, seppure per lo più improbabile, tra la memoria e il possibile.

Com'è che il posto che chiamiamo "casa" diventa casa e quante e quali forme può assumere?

Ho visto "l'appartamento spagnolo", un pò mi faceva paura, ma l'ho visto...un bel film.

domenica, luglio 01, 2007

POFFARBACCO!!!!!!



Non ho potuto resistere...

lunedì, giugno 25, 2007

La donna perfetta (parte seconda)


- Ecco la seconda parte. Sicuramente non è quello che molti tra coloro che hanno letto la prima si aspettavano e sicuramente non sarà l'ultima parte, ma mi è venuto da scriverla ed è uscita così. vedete un pò voi se vi piace e poi fatemi sapere nei modi consueti. PS: mi sono accorto di vari errori nella parte precedente, soprattutto ripetizioni e punteggiatura. Andrò correggendoli, anche se non ora che ho sonno -

- Cazzate! E’ solo che non l’ho ancora trovata come la voglio!

- Sei tu a dire cazzate, ti spari di quei viaggi assurdi! Ogni volta che ne trovi una che ci si avvicina...trac! Rivedi la cosa al rialzo. La verità è che sei un cacasotto. Guarda che comunque non c’è nessun problema, se vuoi continuare ad aver paura delle relazioni fai pure, basta che lo ammetti a te stesso.

Alberto guardò l’amico con sufficienza: di critiche di quel genere ne aveva ricevute in abbondanza, ma recedere dal suo fermo convincimento non era opzione possibile.

- Forse a te fa piacere raccontartela così, a te basta “accontentarti” perché credi non valga la pena aspettare per ottenere ciò che veramente si desidera. Beh è un problema tuo, se io la incontrassi saprei che è lei ed ogni altra discussione, pensiero, paranoia sarebbe superflua.

Francesca che fino a quel momento era rimasta concentrata sulla guida, non potè esimersi da un commento, sentendosi lei stessa indirettamente colpita.

- Mi spiace dovertelo dire ma penso anche io che ti stia nascondendo dietro ad un dito. Parli di “Lei” come se fosse una persona concreta, ma invece sta solo nella tua testa e non pare tu le voglia dare nessuna chance per concretizzarsi. Prendi Roberta: è carina, intelligente e simpatica, che cazzo ti è passato in testa di piantarla così?

- Si, si, era tutte quelle cose, senz’altro, ma mi si abbandonava troppo, perdeva ogni inziativa…

Riccardo era veramente infastidito: ascoltava Alberto dire idiozie sulla sua donna ideale ormai da troppo tempo, parlargli era inutile, tanti e tali erano i cavilli logici dietro cui si barricava che era impossibile fargli venire un qualsivoglia dubbio. Aveva una gran voglia di spaccargli quella testaccia dura.

- Porca troia! Ma è possibile che ti debba sentire dire sempre le stesse stronzate!?!? Le piacevi e non mi pare che lei “si fosse annullata in te” o cazzate del genere, cercava solo di avvicinarti, ma figurati, tu sei troppo delicato, troppo sofisticato per dare confidenza ad un essere umano del sesso opposto. Continua così e comincerò a pensare che sei gay!

Francesca che, avendo deciso di lasciare perdere quella contesa, scontata in partenza, ascoltava della discussione un brano si e uno nò,

- Che c’entrano adesso i gay, ma è possibile che voi maschi la dobbiate fare finire sempre con manifestazioni di omofobia da parata e machismo da accatto?

- Cazzo Francesca puoi evitare? Guida cristo! Guida! Stiamo parlando io e lui, puoi farti i cazzi tuoi per una volta?

Riccardo avrebbe pagato quel suo eccesso, ma Francesca decise che non sarebbe stato quello il momento. Prese l’adeguato appunto mentale e tornò a concentrarsi sulla guida con una faccia che prometteva niente di meno che qualcosa di piacevole come una ceretta inguinale.

Alberto, annoiato dall’essersi trovato per l’ennesima volta a spiegare la sua filosofia riguardo i rapporti di coppia, si perdeva con lo sguardo a seguire i profili morbidi di colline verdi sotto il cielo grigio che instancabile rigurgitava mestizia invernale, particolarmente fastidiosa quando hai il cervello in loop su qualcosa che non ti torna.

Infondo dimostrava, su quei discorsi, più sicurezza di quanta realmente ne avesse. Va bene mantenersi fedeli alla linea, ma di tempo ne era passato veramente troppo e l’idea che fosse lui a decidere che non doveva viversela bene, in attesa di una ragazza che ovviamente non poteva esistere, visto che lui stesso faceva in modo che non esistesse per non rischiare di essere felice, lo stava tormentando sempre più spesso.

Il vociare collerico dell’amico divenne un sottofondo indistinto con la radio, il rumore del motore e dei clacson delle macchine in coda. L’unico suono che veramente ascoltava era quello dello scrosciare intenso della pioggia sui vetri appannati che, del panorama, sempre meno concedevano ai suoi occhi distratti, diagonale, lui, sul sedile posteriore della lancia ipsilon.

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Si accese una sigaretta, più per noia che per concreto desiderio. Certo, avrebbe pure potuto sfilare dallo zaino “I pilastri della terra” di Follet, gli mancava poco per finirlo e il romanzo lo avvinceva molto, ma era preso da un attacco acuto di noia esistenziale totale e qualsiasi altra cosa, a parte rimuginare, gli pareva insopportabilmente pesante.

Il vento gelido, dopo pochi minuti, faceva sembrare naso e orecchie corpi estranei, pronti a cadere a terra frantumandosi al primo strattone. I pochi futuri passeggeri di treno che condividevano il marciapiede del binario uno con lui cercavano riparo dalle raffiche dietro alle quadrate colonne della pensilina.

Un ragazzo armeggiava con un accendino da cinque minuti buoni, senza alcuna fortuna, accumulando rabbia ad ogni scintilla. Una ragazza fissava un opuscolo senza minimamente vederlo, con la faccia triste che puoi avere solo d’inverno, solo se fa freddo e tira vento. La segretaria della segreteria studenti, con la minigonna e i collant neri, seduta sulla panchina, dondolava le gambe annoiata pensando, forse, a quando, anni fa, non le riusciva così difficile sentirsi carina vestita in quel modo.

Alberto contemplava quel mondo buio, crepuscolare, con la superiorità di chi sa quello che vuole, ma contemporaneamente affascinato come chi osserva qualcosa di evidentemente fragile che gli ricorda una fragilità propria, spesso maldestrampente celata.

La ragazza con i corti capelli castani, il nasino impertinente e i profondi occhi azzurri…forse…no, in realtà no, troppo tirata, sicuramente fighetta, magari anche intelligente, ma sicuramente più superficiale, troppo legata ad un’estetica scontata per poterlo apprezzare, per poter cogliere la sua interiorità.

Una mora, appoggiata alla colonna sotto i tabelloni elettronici. Sembra aver carattere, ed ha pure un fisico mica male: guarda che tette…ma no, troppo indipendente, troppo sicura: ok una ragazza che non si faccia schiacciare, che non annulli la sua personalità nel rapporto, ma una così! Che cazzo poteva offrirle? No, sicuramente per lei ci voleva uno molto sicuro di sé e lui, Alberto, di certo non lo era abbastanza, non per lei.

Quell’analisi delle possibilità, scontata negli esiti, andò avanti per non più di dieci minuti, poi arrivò il treno e con esso l’improba scelta tra carrozza frigorifero e carrozza inferno con battiscopa arroventato in grado di squagliare suole di gomma. Il viaggio si sintetizzò in un sonno untuoso ma stranamente riposante, seppur breve.

lunedì, giugno 18, 2007

Finding Myself (repeatedly)


Il mio senso morale scalpita e scopro di essere come non pensavo, o forse, di essere come non volevo pensare di essere e come infondo sapevo di essere...

Forse...ma comunque non è così semplice, la trappola del buono-cattivo, sinistra-destra, e altre dicotomie totalizzanti del genere è perennemente in agguato.

Non si può risolvere tutto in ero bianco (o rosso, o giallo, ecc.) e adesso sono nero, nel frattempo sono anche cresciuto, maturato (credo) se forse ho sempre voluto ignorare certe congenite tendenze, certi moti dell'animo a favore di altri, questo non vuol dire ne che, in effetti, ho "sempre saputo esattamente come sono fatto ed ho cercato di essere in uno specifico altro modo", vuol dire solo , come credo sia normale fino ad una certa età, seppure ovviamente a modo mio e nella mia misura, che ho sempre rifuggito una definizione di me stesso sufficientemente consapevole e attenta (anche qui, non certo per tutto: certi caratteri me li attribuisco da tempo con vigore).

Oltre a ciò è vero anche che chi sono, anche questo ovvio, non è qualcosa di statico: non imparo ad essere me stesso in senso stretto, ma in senso lato; non raggiungo qualcosa che c'è sempre stato e che ha sempre avuto una certa forma, ma cerco forse di avere una maggiore consapevolezza ed anche un minimo di controllo su ciò che divengo, pur nel suo fluire continuo.

Sono un pò spaesato, ma cerco di relativizzare il relativismo che era, paradossalmente diventato granitico nella sua informità, intransigente e rigido; di apprezzare le idee perchè sono idee che trovo apprezzabili e non per essere apprezzato a priori.

L'età adulta che incombe porta con se la sua sclerosi? Forse, forse no, infondo non credo che cercare un minimo di autodefinizione mi priverà di apertura e flessibilità mentale.

domenica, giugno 17, 2007

La donna perfetta (parte prima)


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A seguire la prima parte di un racconto che mi è nato in mente nelle ultime ore di veglia di questo sabato sera inaspettatamente casalingo, stimolato da alcune singolari letture. La seconda parte sarà, spero (tempo e voglia permettendo), disponibile a breve su questo stesso blog e dovrebbe rendere un pò più intelleggibile quanto raccontato.

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Incedeva con passo soave al centro del locale.

Di bruti puteolenti ve n'eran un bel pò, tanto che il miasma intenso che esalavasi dai loro corpi dava all'aere consistenza oleosa.

Avrebbe, per quanto le concerneva, potuto pure trovarsi nel bel mezzo di un roseto odoroso, sarebbe stata la medesima cosa.

Da quelle facce, ora adunche, ora grumose, callose, rugose, sdentate, sfregiate, si levavano sguardi bramosi, talmente puntuti e violenti che avrebbero potuto facilmente penetrare la di lei candida pelle ed inquisirne le carni sode in profondità, se non fosse stato per la sonante armatura della sua indifferenza.

Il locale era angusto, l'aria pesante e il soffitto basso che, tra quello e la nebbia di sigari e sigarette, sembrava non si potesse camminar ritti: a stento l'incanto fluente dei lucenti capelli corvini e quello malizioso degli intensi occhi blu si potevano scorgere.

Ad ogni passo i tacchi picchiavano decisi sul ruvido e lurido pavimento, ad ogni passo un rumore secco spezzava il silenzio gorgogliante calato sulla stamberga, accompagnando il crescere feroce di testicolari attenzioni.

I seni, perfetti in forma e dimensione, di un turgore innaturale, eppure evidentemente non artificiale, seguivano appena il sussultorio movimento dettato dall'incedere da modella, un piede avanti all'altro a deridere ogni legge d'equilibrio, che le lunghe gambe tornite imponevano a quella prorompente manifestazione.

Puntuali, e solo lo stupore momentaneo aveva forse potuto minimamente ritardarli, arrivarono prima i fischi e poi i commenti, sempre più grevi, di energumeni appollaiati su trespoli sgabellari, assiepati intorno a tavoli che avrebbero dovuto essere di un verde assai più brillante e meno macchiaiolo.

Eppure lei avanzava, inguainata nella teoria di vestiti che, lungi dal voler coprire, rendevano più-che-nudi. Non c'era in lei la minima cura per l'intorno, il suo fatale scopo assorbiva ogni attenzione, d’altronde null'altro avrebbe potuto tangerla.

Mentre già i più gagliardi, lasciate le loro postazioni, si facevano prossimi a quel desiderio incarnato, le mani grifagne pronte a ghermirne le forme appetitose, linguacce luride dibattentisi tra le fauci, uno solo tra gli avventori mostrava tutt'altro atteggiamento. Incuneato talmente in un angolo da sembrare un altorilievo del muro grigiastro, sudava, batteva i denti, sgranati gli occhi non mostrava certo libidine o concupiscenza.

Ad ogni passo risonante indirizzato verso di lui, accentuava la sua agitazione, il suo nervosismo, la sua ormai evidente paura. Dalla paura passò al terrore feroce quando la donna, ormai a non più di mezzo metro da lui, si fermò allargando le gambe. Con le mani si straziava il viso, la bocca aperta spalancata senza che ne uscisse altro suono che un rantolo soffocato, lacrime brucianti scendevano lente e calde sulla pelle straziata.

Labbra perfette si curvarono in un sorriso appena accennato e terribilmente affilato

- Come, io sono qui, davanti a te, esattamente come tu mi hai desiderata e tu tremi di paura? Guardami: capelli neri d'onice, occhi blu anima, labbra rosso desiderio, pelle candida e profumata, vellutata come seta, seni superbi e sodi, glutei alti e tonici, gambe lunghe e tornite. Sono intelligente, spiritosa e acuta, colta e simpatica, non mi difetta nè la leggerezza, nè la profondità, so essere discreta e avvolgente, affettuosa e seducente, ti so far gemere, ridere, sospirare, pensare, desiderare...sono esattamente come mi hai sempre desiderata...eppure...non hai saputo amarmi.

Con un filo di bava colantegli, la mandibola sventolò impacciato, tendendo un braccio, il palmo aperto, verso di lei.

- Perfavore, perfavore... - disse piangente - io no sapevo...non lo sapevo...pensavo che ci sarei riuscito, lo credevo davvero...io...ti prego...non voglio morire.

Il sorriso si fece ora ghigno, gli occhi due abissi di ferale furia, eppure la voce rimase controllata, adesso forse gelida.

- Piangi il tuo desiderio. La tua sorte non ti è stata imposta, l'hai scelta, la tua brama ti ha condotto ove sei ora ed hai scelto tu la forma, il volto che avrebbe avuto la tua morte, la tua nemesi, guardalo ora. Con un bacio tutto è iniziato...con un bacio tutto finirà.

Immobilizzato da uno sguardo, puntellato poi da candide braccia contro il muro, mentre dentro il cuore accennava a esplodere ed i visceri erano in tormento, il ragazzo non riuscì a far nulla più che lasciare, impotente, che fatali labbra aderissero alle sue.

Dopo un bacio che si sarebbe potuto definire delicato, non appena la superficie rorida e delicata di lei si fu congedata da quella secca e febbricitante di lui, la pelle del ragazzo prese a divenir più grigia delle grigie pareti in cui aveva tentato di sparire, gli occhi si liquefecero, colando in rivoletti gelatinosi per la stessa via che era stata delle lacrime, poi caddero tutti i capelli, come degli alberi le foglie in autunno, dunque le gengive, scoperte da labbra ormai arricciate fino a sparire, si ritirarono marcendo e ad uno ad uno i denti se ne staccarono, seguiti dalla lingua che, nera e secca, ruzzolò fuori dalla bocca muta, perso la radice ogni appiglio sulla polpa. Venne poi il corpo tutto, le cui carni si sfaldarono con squarci profondi, staccandosi dall'impalcatura dello scheletro e cadendo flaccide al suolo, scivolando in larghi brani da sotto i vestiti come enormi lumache.

In breve tutto si dissolse in un maleodorante liquore nerastro, il cui tanfo si sentiva nonostante l'aria viziata.

Ogni altro presente impietrito rimirava la scena, con gran copia di sigarette che, prima precariamente incollati a labbra inferiori, finivano poi per cadere, ora a terra, ora dentro luridi boccali di birra, ora dentro ciotole incrinate piene d'arachidi.

Com'era apparsa, rapida e ancheggiante, la donna sparì prendendo la porta del locale ed uscendone. Alcuni tra gli avventori giurarono poi di averla vista diventar traslucida, fin quasi a sparire, ripercorrendo a ritroso il proprio cammino. Altri affermavano invece dissero che, camminando verso l'uscita, perdeva le sue fattezze, le sue forme, i suoi lineamenti, diventando come cosa indistinta, fatta solo di etere denso e null'altro. Tutti sostennero che, usciti dal locale dopo l'iniziale sbigottimento, non videro altro che il vicolo vuoto, lurido come sempre, spazzato da una gelida brezza notturna, sotto il limpido sguardo della luna.