domenica, giugno 17, 2007

La donna perfetta (parte prima)


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A seguire la prima parte di un racconto che mi è nato in mente nelle ultime ore di veglia di questo sabato sera inaspettatamente casalingo, stimolato da alcune singolari letture. La seconda parte sarà, spero (tempo e voglia permettendo), disponibile a breve su questo stesso blog e dovrebbe rendere un pò più intelleggibile quanto raccontato.

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Incedeva con passo soave al centro del locale.

Di bruti puteolenti ve n'eran un bel pò, tanto che il miasma intenso che esalavasi dai loro corpi dava all'aere consistenza oleosa.

Avrebbe, per quanto le concerneva, potuto pure trovarsi nel bel mezzo di un roseto odoroso, sarebbe stata la medesima cosa.

Da quelle facce, ora adunche, ora grumose, callose, rugose, sdentate, sfregiate, si levavano sguardi bramosi, talmente puntuti e violenti che avrebbero potuto facilmente penetrare la di lei candida pelle ed inquisirne le carni sode in profondità, se non fosse stato per la sonante armatura della sua indifferenza.

Il locale era angusto, l'aria pesante e il soffitto basso che, tra quello e la nebbia di sigari e sigarette, sembrava non si potesse camminar ritti: a stento l'incanto fluente dei lucenti capelli corvini e quello malizioso degli intensi occhi blu si potevano scorgere.

Ad ogni passo i tacchi picchiavano decisi sul ruvido e lurido pavimento, ad ogni passo un rumore secco spezzava il silenzio gorgogliante calato sulla stamberga, accompagnando il crescere feroce di testicolari attenzioni.

I seni, perfetti in forma e dimensione, di un turgore innaturale, eppure evidentemente non artificiale, seguivano appena il sussultorio movimento dettato dall'incedere da modella, un piede avanti all'altro a deridere ogni legge d'equilibrio, che le lunghe gambe tornite imponevano a quella prorompente manifestazione.

Puntuali, e solo lo stupore momentaneo aveva forse potuto minimamente ritardarli, arrivarono prima i fischi e poi i commenti, sempre più grevi, di energumeni appollaiati su trespoli sgabellari, assiepati intorno a tavoli che avrebbero dovuto essere di un verde assai più brillante e meno macchiaiolo.

Eppure lei avanzava, inguainata nella teoria di vestiti che, lungi dal voler coprire, rendevano più-che-nudi. Non c'era in lei la minima cura per l'intorno, il suo fatale scopo assorbiva ogni attenzione, d’altronde null'altro avrebbe potuto tangerla.

Mentre già i più gagliardi, lasciate le loro postazioni, si facevano prossimi a quel desiderio incarnato, le mani grifagne pronte a ghermirne le forme appetitose, linguacce luride dibattentisi tra le fauci, uno solo tra gli avventori mostrava tutt'altro atteggiamento. Incuneato talmente in un angolo da sembrare un altorilievo del muro grigiastro, sudava, batteva i denti, sgranati gli occhi non mostrava certo libidine o concupiscenza.

Ad ogni passo risonante indirizzato verso di lui, accentuava la sua agitazione, il suo nervosismo, la sua ormai evidente paura. Dalla paura passò al terrore feroce quando la donna, ormai a non più di mezzo metro da lui, si fermò allargando le gambe. Con le mani si straziava il viso, la bocca aperta spalancata senza che ne uscisse altro suono che un rantolo soffocato, lacrime brucianti scendevano lente e calde sulla pelle straziata.

Labbra perfette si curvarono in un sorriso appena accennato e terribilmente affilato

- Come, io sono qui, davanti a te, esattamente come tu mi hai desiderata e tu tremi di paura? Guardami: capelli neri d'onice, occhi blu anima, labbra rosso desiderio, pelle candida e profumata, vellutata come seta, seni superbi e sodi, glutei alti e tonici, gambe lunghe e tornite. Sono intelligente, spiritosa e acuta, colta e simpatica, non mi difetta nè la leggerezza, nè la profondità, so essere discreta e avvolgente, affettuosa e seducente, ti so far gemere, ridere, sospirare, pensare, desiderare...sono esattamente come mi hai sempre desiderata...eppure...non hai saputo amarmi.

Con un filo di bava colantegli, la mandibola sventolò impacciato, tendendo un braccio, il palmo aperto, verso di lei.

- Perfavore, perfavore... - disse piangente - io no sapevo...non lo sapevo...pensavo che ci sarei riuscito, lo credevo davvero...io...ti prego...non voglio morire.

Il sorriso si fece ora ghigno, gli occhi due abissi di ferale furia, eppure la voce rimase controllata, adesso forse gelida.

- Piangi il tuo desiderio. La tua sorte non ti è stata imposta, l'hai scelta, la tua brama ti ha condotto ove sei ora ed hai scelto tu la forma, il volto che avrebbe avuto la tua morte, la tua nemesi, guardalo ora. Con un bacio tutto è iniziato...con un bacio tutto finirà.

Immobilizzato da uno sguardo, puntellato poi da candide braccia contro il muro, mentre dentro il cuore accennava a esplodere ed i visceri erano in tormento, il ragazzo non riuscì a far nulla più che lasciare, impotente, che fatali labbra aderissero alle sue.

Dopo un bacio che si sarebbe potuto definire delicato, non appena la superficie rorida e delicata di lei si fu congedata da quella secca e febbricitante di lui, la pelle del ragazzo prese a divenir più grigia delle grigie pareti in cui aveva tentato di sparire, gli occhi si liquefecero, colando in rivoletti gelatinosi per la stessa via che era stata delle lacrime, poi caddero tutti i capelli, come degli alberi le foglie in autunno, dunque le gengive, scoperte da labbra ormai arricciate fino a sparire, si ritirarono marcendo e ad uno ad uno i denti se ne staccarono, seguiti dalla lingua che, nera e secca, ruzzolò fuori dalla bocca muta, perso la radice ogni appiglio sulla polpa. Venne poi il corpo tutto, le cui carni si sfaldarono con squarci profondi, staccandosi dall'impalcatura dello scheletro e cadendo flaccide al suolo, scivolando in larghi brani da sotto i vestiti come enormi lumache.

In breve tutto si dissolse in un maleodorante liquore nerastro, il cui tanfo si sentiva nonostante l'aria viziata.

Ogni altro presente impietrito rimirava la scena, con gran copia di sigarette che, prima precariamente incollati a labbra inferiori, finivano poi per cadere, ora a terra, ora dentro luridi boccali di birra, ora dentro ciotole incrinate piene d'arachidi.

Com'era apparsa, rapida e ancheggiante, la donna sparì prendendo la porta del locale ed uscendone. Alcuni tra gli avventori giurarono poi di averla vista diventar traslucida, fin quasi a sparire, ripercorrendo a ritroso il proprio cammino. Altri affermavano invece dissero che, camminando verso l'uscita, perdeva le sue fattezze, le sue forme, i suoi lineamenti, diventando come cosa indistinta, fatta solo di etere denso e null'altro. Tutti sostennero che, usciti dal locale dopo l'iniziale sbigottimento, non videro altro che il vicolo vuoto, lurido come sempre, spazzato da una gelida brezza notturna, sotto il limpido sguardo della luna.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

non commento da un sacco, anche se comunque periodicamente mi aggiorno su quello che mi sono persa.

questo pezzo mi piace moltissimo, è ben scritto, ha dei colori splendidi e anche gli odori si sentono con gli occhi. bravo. i miei più sinceri complimenti.

aspetto con ansia la seconda parte.
bacio e abbraccio
manju

Gert_dal_pozzo ha detto...

:)

Finalmente un commento! Grazie mandorletta, sei la prima che non me lo fa solo "a voce".

Anonimo ha detto...

La ringrazio per Blog intiresny