domenica, aprile 29, 2007

A ognuno la sua verità


Ci sono persone che amano il silenzio, che sanno apprezzarlo sempre e comunque, spontaneamente, che sanno trovarlo dentro se stessi prima ancora che fuori.

Ci sono persone per le quali la serenità è un'abitudine, per le quali le preoccupazioni sono momentanee e vengono, non appena si manifestano, prontamente risolte senza lasciare strascichi.

Non so se queste persone siano poche o molte, ma io non sono una di loro.

Io amo parlare praticamente di ogni cosa, discutere di tutto, sono polemico e logorroico, sento la necessità/piacere di riflettere su praticamente ogni cosa che si presenti alla mia attenzione.

Credo che ciò avvenga perchè sono divorato dalla paura della solitudine, nel senso di incomunicabilità, dall'infinita complessità che mi vedo vorticare tutt'intorno, dall'orrore del vuoto, di materia, di senso, di pensiero...ho paura e cerco di imporre un controllo sul mondo, il più stringente, ferreo e logico possibile (certo secondo una logica che è mia).

Il pensiero cerca di comprendere il mondo. La parola dà concretezza al pensiero, ne stabilisce i limiti, i confini e rende possibile manipolarlo e descriverlo...riempie il vuoto. E' angosciante quanto io sia schiavo della parola, quanto sia schiavo della paura.

A questo aggiungiamoci narcisismo ed egocentrismo ed il quadro è completo: privo della capacità di superarli e di una morale che mi permetta di accettarli serenamente.

Ciò che credo mi renda apprezzabile mi fa sentire, allo stesso tempo, sbagliato.

Gli opposti si attraggono, ma noi non siamo particelle, tante cose tra due persone possono essere contemporaneamente in opposizione ed in accordo. Il desiderare è questione complessa.

...andavo ad ammannire ad altri lezioni che avevo imparato per me...

domenica, aprile 22, 2007

Pazzia dei primi caldi di primavera


Siamo tutti pazzi.

Altra dichiarazione inutile, scontata, banale...lo so.

Il filo che separa i folli dai savi non mi è mai sembrato più sottile di come mi sembra ora. Quel famoso "contratto" siglato dalla comunità degli uomini per non vivere come lupi tra i lupi, conteneva obblighi relativi al comportamento, norme sociali da rispettare.

Proprio perchè contratto, è venuto dopo, non era "natura" e poiché nell'uomo, in ogni singolo uomo, ma, in certa misura, nell'umanità nel suo complesso, opposte tendenze si miscelano in modo vario.

Allora quella "natura" oppressa dalla "necessità" (che paradossalmente ancora nella natura trova il suo fondamento) nuovamente occhieggia quando le maglie degli obblighi sociali si fanno più larghe, quando i meccanismi produttori di conformità si inceppano, quando il mondo-io trova troppe incongruenze nel mondo-noi/mondo-tutti e quando queste incoerenze non possono essere contenute nel sogno, nella masturbazione, nell'astrazione, ecc. ; quando la tensione che da queste discrepanze non può essere sfogata con lo sfinimento più o meno rituale del corpo o l'obliterazione più o meno totale della mente.

Allora, di volta in volta, riscopriamo il delirio delle nostre proprie verità assolute, la certezza dei nostri mondi-io si infrange con l’incertezza dell’esterno, l’incomunicabilità ritorna ad incombere ed ancora una volta un aspra solitudine ci fa negare tutto ciò che ci accomuna in natura, che non conosciamo poiché ciò che abbiamo fatto che ci accomunasse in “cultura” lo cela e lo dimentica.

L'autocoscienza ha un prezzo e non è mai completa, tende a confondere alcune raffinate elaborazioni di bisogni fondamentali con i bisogni stessi e, spesso, a non riconoscere come propri altri bisogni che si è decisi nocivi e quindi da evitare, elaborati come tali e negletti.

Ancora, quand'anche l'autocoscienza fosse piena ed accettasse la paternità di quelle pulsioni esiliate, riconoscendo la necessità di uno sforzo attivo nel controllarle, potrebbe sottovalutare la portata delle tensioni necessarie per attuare quest'ultimo e dimenticare l'inevitabile sudditanza di un intelletto singolare o collettivo rispetto alla "natura", alla complessità dell'essere e del divenire.

mercoledì, aprile 18, 2007

Di fate e omicidi a sangue freddo...


Qualche sera fa la visione de "Il labirinto del fauno", favola dark, a rimpolpare ulteriormente un filone che diventa sempre più prolifico (con mia gioia per altro), che per scene di cruda violenza è assai poco "per bambini", nonostante abbia poi momenti abbastanza poetici.

Il mio gusto estetico ne esce soddisfatto, nonostante certe rappresentazioni "caricaturali" che, però, infondo, leggendo il suddetto film come una cupa favola (tipo quelle tedesche dove muoiono tutti e il dramma è l'unica conclusione possibile...eheh) ci possono anche stare. E comunque, non è che di mio io abbia mai provato particolare affetto o simpatia per fascisti di ogni genere... già perchè, nonostante sia una favola, l'ambientazione è quella della Spagna post guerra civile ed il cattivo più cattivo non è il lupo nero, l'orco o chissà che altra creatura fantastica, ma un capitano franchista, di una spietatezza e di un sadismo...al limite del fastidioso (so che come definizione non rende, ma erano talmente accentuati questi tratti, e totali, che a volte, nonostante sapessi trattarsi di un film, mi disturbavano la visione...ok, è complesso, non riesco a spiegare, magari vedendo capirete).

Il film ha un'ottima fotografia ed altrettanto buoni sono gli effetti, azzeccatissimi i personaggi e classica la trama, con una mano forse un pò calcata nel tentativo di suscitare emozioni spiacevoli sia con la violenza estrema, sia con gran copia di fango e di umori viscidi e appiccicosi, di creature sgradevoli e ributtanti; niente comunque che non si possa superare.

Nel complesso il film mi è piaciuto parecchio e mi andava di scriverlo, anche se domani magari cambierò idea o se continuerò a trovarci sempre più difetti e anche se mi sono lasciato andare ad un tono eccessivamente recensorio in questo post e se mi sono infilato in frasi troppo intricate e piene di parentesi, al mio solito....

domenica, aprile 15, 2007

Pause (Ovvero: un ordinata e civile discussione)


Il tempo...

Tematica ricorrente su queste "pagine", eppure filone di riflessioni non ancora esaurito.

Ieri ho visto Still Life, film cinese sulla Cina che cambia. Il film mi è sembrato estremamente interessante, un'ottima rappresentazione dell'effetto che la "modernizzazione" sta avendo sul paese, sulla cultura tradizionale, sulle vite delle singole persone (con gli esempi di almeno due reazioni possibili: "refrattari" e "integrati").

Quello che più mi ha colpito però, e devo esser sincero, non è stato questo. A colpirmi maggiormente sono stati i tempi, i tempi del dialogo, della narrazione nel suo complesso: lentissimi, con un'abbondanza di pause enfatiche (almeno, a me sembravano tali) incredibile e lunghi silenzi. Ho già visto altri film di registi asiatici e ho già notato questa peculiarità, ma mai come ieri la cosa mi ha fatto riflettere.

In una scena, quella che forse mi è maggiormente rimasta impressa, c'erano alcuni lavoratori che discutevano animatamente con il direttore della fabbrica dove lavoravano (o avevano lavorato, la scena era sullo sfondo, non ho colto del tutto le motivazioni della lite). Nonostante si trattasse di un vero e proprio alterco, con tanto di scambio di invettive, i partecipanti parlavano a turni rigidamente alternati, e tra un turno e l'altro, le immancabili pause (tra i 30 secondi e il minuto).

Non solo non si parlavano addosso MAI, ma facevano pause significative tra i turni!!! Tutto questo perfino durante un litigio!!!!! Voglio dire, una cosa del genere, dalle nostre parti, non solo è strana, è proprio inconcepibile.

Il dubbio che mi sono portato dietro uscito dalla sala del film è: ma questi tempi lunghi, questi dialoghi rigidamente a turbi con tanto di pause interturno, sono propri della rappresentazione, della narrazione, oppure sono tipici della vita quotidiana?? Si tratta di un artificio narrativo presente solo nei film, nei libri che rappresentano scene di vita, oppure sono norme sociali proprie di quella cultura??

Personalmente penso sia vera la seconda ipotesi, il che mi ha fatto riflettere sull'ulteriore difficoltà che i cinesi dovranno affrontare con la "modernizzazione" del loro Paese.

E mio padre che si lamenta che mia sorella parla troppo velocemente...

Nota a margine: i cinesi fumano un casino!!!!

martedì, aprile 10, 2007

Cazzo! E' morto il mio amico Pasquale!!!


Oggi sono di cattivo umore e non so perchè (ho dei dubbi in effetti, ma non mi sbilancio). Vedo che c'è ancora un bel pò di gente che viene a dare un'occhiata ogni girono e visto che discutevo in questi giorni sul fatto che, pare, si debba essere almeno un pò presi male, incazzati, tristi, per scrivere...

...l'altra sera me ne andavo spedito per le vie di città alta (il centro storico di Bergamo, ndg); un imprevedibile attacco di noia di vivere, misto a malumore immotivato (vedi su) e all'incredibile complessità (sè...) assunta dai miei rapporti sociali negli ultimi tempi, mi aveva fatto accumulare un notevole ritardo. La vacanza aveva riempito le strette stradine di gente vociante e allegra, per lo più liceali in vena di "goliardia".

Ad un certo punto sento un rombare poderoso ed un nugolo di teste si sporgono, colli si tendono, occhi si sgranano e tutti fanno largo ad una ferrari nera che si inerpica per una stretta salita. Ho fretta e mi limito a registrare un certo fastidio da rielaborare in seguito. Proseguo verso la meta facendo con la mia coscienza il gioco del "non lo sapevo che sarebbe andata a finire così, non credevo sarei arrivato così in ritardo...non ci credi, eh?Na...", quando di nuovo torno a sentire il rombo di prima.

Sono in prossimità di un incrocio, la strada è tanto piena che il traffico pedonale ha la densità del miele: da sinistra cala la ferrari rumoreggiando e, incredibile, la folla si apre come il mar rosso davanti a Mosé (Le citazioni bibliche a pasqua...in realtà a me faceva molto Pulp Fiction). Non è il lento e disordinato, organico, svogliato farsi da parte dei pedoni davanti ad un auto in una zona a traffico limitato, no, la gente si allarga quasi all'unisono, ad un certo punto sembra addirittura che si sia formato una specie di "servizio d'ordine" con alcuni ragazzi di una comitiva che "tengono dietro" i compagni con le braccia allargate.

Il tizio in auto avanza lento nello spazio (più di quello necessario) che si è prontamente fatto davanti a lui. Mentre passa, il finestrino abbassato appena, due ragazzi si sporgono e, tutti eccitati, gli fanno: "che figata di macchina!"; "Sei un grande, davvero, un grande...".

Il tizio finisce la sfilata e sparisce tra i commenti appassionati degli astanti. Io mi sento un pò rintronato e altrettanto infastidito. Quello che ho visto mi sembra assurdo, soprattutto le frasi grondanti stima dei due ragazzi...ma forse mi sono perso qualcosa, forse non colgo un significato di fondo...forse non do il giusto peso al fatto che quella macchina è un simbolo di successo economico e che il successo economico, da queste parti (perchè io, che non viaggio per niente, queste parti e poco più conosco), di peso ne ha davvero tanto.

Mi tornano in mente lezioni su capitale economico e capitale culturale, postmodernità, imprenditorialità, terza Italia, piccola impresa ed un sacco di altre cose, poi rinuncio a razionalizzare e mi resta solo un senso di fastidio, di tristezza tutto mio che accetto di non generalizzare...sono in ritardo, fanculo!

martedì, aprile 03, 2007

Fidarsi è bene, ma non fidarti del miglio (cereale molto antico, originario dell'Asia centroorientale)



Giusto ieri, dopo la visione di "Amores perros", film davvero notevole (anche se, ancora una volta, un pò lungo) che meriterebbe una discussione approfondita che non ho tempo di fare, consideravo che provo una tendenziale antipatia verso i cani di piccola taglia (con rarissime eccezioni) mentre la mia simpatia va a cani più grossi (possibilmente mansueti)...questo è veramente un grosso grosso cane :)

domenica, aprile 01, 2007

Tornado


Primo aprile...molto presto, 4.17

Considerazioni preliminari:

A) Auguri a Davide per il suo genetliaco (parola prima desueta, ora inflazionata, almeno tra coloro i quali si vogliono dare un tono), conosciuto su queste pagine come Q.

B) A volte voler bene è davvero un casino, specie quando gli eventi ti costringono a fare di un flusso unico frammenti distinti, di una contemporaneità perfetta, momenti accavallati e confliggenti. Cercherò di continuare ad essere diffusivo e non selettivo.

C) A volte a far del male non ci si mette nulla, più o meno consapevolmente, più o meno blandendosi con scuse e giustificazioni. Si spera arrivi il prima possibile il momento in cui realizzare quanto accade e rettificare.

D) la perentorietà, la fermezza, sono ancora cose che mi risultano difficili da attuare fino in fondo: quante cose di cui non si è tenuto conto che si manifestano solo in un secondo momento, quanti rimorsi, quanti rimpianti...eppure, eppure la necessità, in certi frangenti, di una netta risolutezza sarebbe auspicabile.

E) Sto tornando sull'intimista andante, mi si perdonerà spero, ma quando tutto intorno è tempesta ci si rinchiude in casa (o in un rifugio se sei previdente, te lo puoi permettere e ci sono frequenti tornadi, oppure nella vasca da bagno che è il posto migliore dove stare qando ti si avventa addosso un tornado). Fortunatamente non sono "in casa" da solo.

F) la pianto perchè l'insonnia forzata sta cedendo il passo al sonno.