martedì, novembre 28, 2006

Me / Altro da me


Bisogna aver sperimentato pienamente e consapevolmente l'egoismo
per poter comprendere l'empatia.

lunedì, novembre 27, 2006

Bollettino alcolico dei pendolari: EDIZIONE STRAORDINARIA


Il Bollettino alcolico dei pendolari, in collaborazione con il birrificio di Magister Anghelus da Regensburg (riprodotto nella foto qui sopra in uno dei suoi frequenti momenti di ispirazione), è lieto di comunicare a tutti coloro i quali, tra i lettori, si trovino per qualsivoglia motivo a bazzicare il piazzale della Bicocca antistante l'edificio U6, Venerdì 1 Dicembre verso le 18.00, che potranno gustare il contenuto di due, e dico due, casse di birra quasi piene offerte dal suddetto Magister Anghelus, con annessi salami, anch'essi nel numero di due.
Accorrete cincischianti!!!!

sabato, novembre 25, 2006

Solitudine~moltitudine / Particella~flusso


A volte capita di non aver alcuna voglia di uscire di casa.
Capita di non voler parlare con nessuno, di non vedere nessuno.

A volte viene voglia di restarsene chiusi tra le mura domestiche andando in giro in pantaloni di tuta e felpa, magari con un plaid addosso perchè fuori fa freddo e piove. Viene voglia di rimanersene ore a leggere, a guardare un film, a scrivere...a far finta che il resto del mondo non esista o, comunque, di non fare parte di quel flusso caotico che scorre appena fuori dai vetri doppi, appannati dal respiro.

Mi è sempre capitato abbastanza spesso. Quello che è cambiato, o almeno, che mi sembra cambiato, è che ultimamente dura poco, che non riesco a portarlo avanti facilmente una giornata intera senza pentirmene, senza sentirmi in colpa.

La sociofilia mi ha preso in profondità ed ora ne sono imbevuto. Troppa, ormai, è la consapevolezza di quel flusso, della sua poderosa portata, potenza, complessità, perchè io possa ignorarlo, perchè io possa ignorare di farne parte. Inoltre, alla prima si aggiunge anche la consapevolezza che in quel flusso si possa trovare anche bellezza, serenità, felicità, euforia, non solo afflizione, disillusione e senso di inferiorità...non posso volerne restare fuori troppo a lungo, specie sotto la spinta di quel peso che è l'idea di esserne rimasto fuori troppo a lungo.

lunedì, novembre 20, 2006

Gerontocrazia...gerontomanzia...gerontomachia (AH! l'eterna sfida dello studente con la natura!)

La Pink Ferrari mi perseguita. Eccola che mi sfreccia davanti al semaforo della circonvallazione mentre mi reco in biblioteca. Esiste. Dovrò pure farmene una ragione. Economia cognitiva, suvvia.

Ripenso a discorsi fatti settimana scorsa.

Penso a quanto tempo spendono ad istruirci su come citare correttamente e minuziosamente le fonti, su come avere sempre e comunque un’auctoritas a cui fare riferimento, anche dopo uno starnuto.

Penso al tempo che non spendono ad abituarci a sviluppare idee nostre, ad dissertare in modo critico, a buttarci senza rete, banalmente, a dire qualcosa, non a ripeterla.

La citazione, in ambito "scientifico" (ridi pure malefico volatile, so che le virgolette non ti fermeranno) è qualcosa di fondamentale, d’altronde, per parlare di qualcosa devi documentarti, specie se non hai "esperienza sul campo".

Ma spesso è ad uno scopo meschino che sembrano valere i loro sforzi "educativi" in questo senso: alla riproposizione e alla glorificazione delle loro parole, con ampia diffusione di piaggeria e di reciproco riconoscimento per i colleghi (da cui ci si attende pari trattamento o considerazione).

La produzione propria è assolutamente secondaria: si tratta di "composizioni di idee altrui", condite all'occorrenza da dati statistici (ma non solo statistici) raccattati alla bell'e meglio, giusto per fare figura.

Certo, uno può rimboccarsi le maniche e produrre anche non su invito, ma già di motivi per pensare che loro (resto ancora vago, l’evocazione del nome potrebbe comportarmi un travaso di bile) servano a qualcosa e non siano solo dannosi ne ho pochi, l’idea che forse il loro lavoro consista anche nello stimolarci a dare fondo alla nostra creatività, capacità critica e analitica, all’uso combinato delle nostre conoscenze per realizzare qualcosa di significativo (nel nostro piccolo di studenti, ma, in prospettiva, anche di più) è uno degli ultimi che mi resta.

Toglietemelo ne faccio scempio…

Mi sarei dilungato anche su una dissertazione sui bibliotecari, ma direi che ho già dato per stasera e voglio pure andare a letto presto...abbandoniamoci ad un grandeolente personaggio (si veda il video).

venerdì, novembre 17, 2006

Ancora...


Un odio sottile mi pervade i visceri, si insinua tra le anse degli intestini, risalendo a mungere bile.
Riempie il petto e stringe i polmoni, facendo esalare nervose manciate d’aria umida, sempre più corte, tra i denti serrati e le narici larghe, forzando il cuore ad un battito doloroso, grave, lento.
Raggiunge il collo irrigidendo ogni muscolo fino a farlo dolere, con il salire e scendere del pomo, mentre la saliva cerca di lenire la secchezza della mucosa, irritata dalle metaforiche squame di metaforici rospi ingoiati senza parsimonia, a rischio di rigurgito…o di embolo.
Il viso, pervaso, alternativamente s’imporpora e si sbianca, come le nocche di mani aperte e poi strette fortemente.
Un tremolio scuote il fitto pelame sopraciliare, mentre infiniti reticoli rossi invadono veloci lo spazio bianco intorno alla pupilla. Nel cranio martella insistente e cattivo, dalle tempie alla sommità…
Respira, respira...
Forza quel vincolo al petto, lascia che l’ossigeno soffochi quel male sottile, libera la mente e lascia che vaghi verso nuove prospettive.
La rabbia diventa presto un’abitudine logorante e perde così anche quel poco di positivo e propulsivo che possiede…

Non so cosa volevo dire, che volevo concludere, a chi volevo dirlo…

martedì, novembre 14, 2006

Romanzo Criminale


Poi dicono che il cinema italiano è morto.

Certo, abbiamo i film dei Vanzina e soci, ma non mi va di sparare sulla croce rossa o di mettermi in polemica, semplicemente per me non vogliono dire nulla, ma se tanta gente li guarda...

Comunuqe, grande Michele Placido, davvero.

E' cominciata come con Fight Club. Non voglio fare improbabili paragoni tra i due film, non c'entrano molto l'uno con l'altro, è solo che di entrambi, da promo e locandina, non avevo capito un cazzo, e poi...

Appena uscito al cinema ho impegato molto poco a scartarlo, giusto il tempo di leggere che ci recitava Accorsi, che, guarda un pò, mi fa un effetto molto simile a quello che mi fa Cremonini. La partecipazione di Kim Rossi Stuart, con annessi ricordi tipo Fantaghirò, non ha certo aiutato. Alla meglio, mi sembrava, sarebbe stato un filmetto buonista e stucchevole, agrodolce giusto quanto basta, con qualche rivoletto di sangue all'angolo della bocca e scene patetiche pre mortem.

(Per fortuna che tante persone di cui ho stima mi hanno detto "guardalo che è bello")

E invece niente di tutto ciò. C'è una storia avvincente, un cast perfettamente all'altezza (fatta l'eccezione per il succitato Accorsi che, sicuramente colpa mia e della mia prevenzione, sembra sempre troppo "sforzato" nella recitazione, ma non per KRS che invece fa un "cattivo" credibilissimo) ma c'è soprattutto, strettamente intrecciato con la trama, un affresco storico dell'italia degli anni di piombo e delle vicende più cruente ad essi legate.

Insomma, un bel film, davvero.

Il nome di Placido fino ad ora per me non aveva voluto dire gran che. E' molto probabile che io cerchi di recuperare qualche altra sua opera.

Citazione: "Questa è la mia lettera di dimissioni dal servizio. Esco di scena in punta di piedi, senza far rumore. Nel tempo che verrà, non ci sarà bisogno di gente come me, perché non ci sarà più nessuna democrazia da salvare, ma solo interessi privati, lotte per più potere, più denaro. I pochi fascicoli che porto con me, riguardano gli uomini che dovranno salvarsi dal diluvio, persone spesso ignobili, anime nere, capitani di ventura, eppure, come già altre volte nella storia, saranno loro a governare il caos."
Un anonimo "servitore dello stato", nascosto in un non meglio precisato istituto di ricerca sociale (ma guarda un pò) a Roma.

sabato, novembre 11, 2006

Sense maker


Il senso non è qualcosa che trovi già pronto.

Non ha niente a che fare con dio, con i massimi sistemi, con il destino.

Il senso è qualcosa che ti costruisci a partire dalle piccole cose, dalla vita di tutti i giorni.

La realtà non ha già un suo senso, non c’è nessun significato ultimo da cercare. Si deve avere solo il coraggio di tirarne fuori uno proprio e di metterlo alla prova.

Il fatto che la realtà, la vita, non abbiano senso di per sé e apriori, non significa che si piegheranno docilmente ad ogni significato che gli venga appioppato. Dobbiamo lottare per ogni significato che riusciamo a trovare per il mondo che ci circonda, lottare con il mondo stesso, con i paradossi, con gli assoluti, ma soprattutto, lottare con la quotidianità, con le azioni concrete e con le loro conseguenze, con i sentimenti, le emozioni che esse ci provocano e, di nuovo, con la nostra ragione, la nostra morale, la nostra educazione.

A volte questo senso è una folgorazione, qualcosa che ti coglie in un giorno in cui ha appena smesso di piovere, in cui il sole ha appena deciso di rifarsi vivo (e che questo sia solo un fatto meteorologico o una metafora fa già parte del gioco), un epifania che rischiara tutto ciò che fino all’istante precedente era pura oscurità e che si radica profondamente nell’animo e ignora stolidamente o appassionatamente ogni avversità…

Altre volte, e questo è forse il caso più concreto e diffuso, metti insieme piccoli pezzi, minimi obiettivi, aggreghi momenti intensi, emozioni piacevoli…un abbraccio in una serata fredda, le parole di un amico che si rivela tale al di la dell’abuso di uno stupido termine, la sensazione di vicinanza con un altro essere umano; la piccola soddisfazione di sentirti, una volta tanto, competente in qualcosa che gli altri trovano importante, che tu trovi importante, la paga che ti sei meritato e i piccoli progetti che fai con quello che ti resta dopo le spese; un bacio rubato, un bacio desiderato all’infinito, un bacio che potevi dare e che serenamente non hai dato; sentirti apprezzato per quello che sei, per quello che vuoi essere e che riesci ad essere; la serena stanchezza dopo un chiarimento, la vigorosa serenità dopo un lungo scambio, la capacità di mettere a tacere le paure, nonostante bussino, nonostante siano sempre le stesse, di sospendere il giudizio; la capacità di non essere schiavo né dell’istinto, né della ragione, di vederti crescere, diventare diverso, migliorare nonostante tutti i difetti che restano…metti insieme tutte queste e migliaia di altre piccole cose e ne fai un nucleo caldo, cangiante, che seppure gli eventi erodono, se ne hai cura, ti sostiene, ti da forza e vigore, speranza e motivo, ti da vita.

Sii il tuo senso, sii il tuo dio.

mercoledì, novembre 08, 2006

BUURRRPPP!!! (pesantezza)


Ci sono vuoti e vuoti: non tutti li puoi tappare infilandoci roba dentro. Ignorarlo significa che il vuoto resta vuoto, ma hai un terribile senso di pesantezza. Quanta materia sprecata, quanta energia accumulata in termini esclusivamente potenziali. Burp!

Una delle cose più fastidiose è quando il caso sembra troppo regolarmente casuale. Questo discorso dell'attribuzione autonoma di significati agli eventi può risultare spesso croccante, specie se ti senti sofisata, ma non lo sei fino in fondo.

E chi avrebbe mai pensato di essere tanto metereopatico?!

Conseguenza diretta: il tempo si incasina e sballa ogni regolarità, lo stesso, con i dovuti paragoni succede al sottoscritto. Non che sia particolarmente più ciclotimico del solito, ma è strano notare come la mancanza di regolarità metereologiche, si accompagni ad una mancanza di regolarità nel mio quotidiano.

Bush prende legnate, lui e i repubblicani. Per un attimo la cosa mi mette di buon umore, ma poi mi ricordo che sono in fase cinica.

Impengni che saltano come calvallette, progetti, inquinati da veleni che li preesistono, che vanno a farsi fottere per il poco impegno o nonostante l'impegno (mio e di altri), settimane che si svuotano e non riesco a riempire, mentre passano lentamente rapide e noiose. Isole felici di socialità più o meno occasionale, di brillantezza personale e di gruppo, mia e altrui, di affinità più o meno mediate, circondate da un mare di confusione.

Noia di me.

lunedì, novembre 06, 2006

Inner demons


Ognuno di noi è genitore prolifico (chi più, chi meno) dei propri demoni.

Alcuni sono genitori più amorevoli e premurosi: coccolano, cullano, curano le proprie ansie e paure come pargoli indifesi e, ovviamente, il risultato di tanto affetto è la crescita vigorosa di quest'infida e famelica prole.

Ma si sa, prima o poi dai propri bambini bisogna separarsi, non farlo significherebbe, uscendo da metafora, privarsi della serenità, del sonno, della vita, cosa quantomeno spiacevole.

E' necessario allora imparare a gestire le proprie paure, a imbrigliarle, a ridurle ad una ragionevole misura, anche ad ignorarle, o meglio, a passarci sopra quando sia il caso. Proiettarle all'esterno, su altri, che comunque sono impotenti visto che come detto si tratta di cose generate da noi e da noi soli, schermarcisi, abbandonarcisi è una strada inutile, anzi, deleteria, specie nella cura dei rapporti umani più stretti, più intimi, più caldi.

Come detto si tratta di demoni, non di creature indifese da accudire, da tenersi strette. Ognuno ha i propri, nulla di più normale, ma ci si deve convivere il più serenamente possibile, non farcisi sommergere, per noi, in primo luogo, e per gli altri che ci stanno a cuore.

Nessuno può combattere per noi le nostre battaglie e non c'è battaglia più nostra che questa.

sabato, novembre 04, 2006

In da ghero, out da ghero


Vuoto creativo assoluto. Seri dubbi sulle mie qualità di "scrittore".

Il fottuto relativismo mi attanaglia, assedia la mia mente in permanenza.

La mia ciclotimia peggiora e finisco sempre per sentirmi troppo egocentrico e privo di reali strumenti di autovalutazione.

Ancora niente identità precisa. Prevale ancora ciò che so di non essere (ed ho sperimentato che anche questo non è una certezza...ora adoro le melanzane), rispetto a ciò che so di essere e anche ciò che voglio/vorrei essere è alquanto vago. Sicuramente ci sarebbero molti pronti a dirmi che dubbi del genere non ti abbandonano mai, che ognuno può cambiare idea a riguardo quando meno se lo aspetta, che alla fine posizioni troppo rigide rispetto alla propria identità non sarebbero nemmeno desiderabili. Bho...la cosa non mi rincuora gran che.

Conversazione. Non diresti che certi argomenti possano impegnare per più di cinque, dieci minuti, almeno, non in certi contesti, mentre invece, per tutta una serie di motivi, i più disparati, ci si può finire invischiati per un tempo spropositato. Singolare quando, finalmente, il discorso sembra morire da sé, e tu sei li, che lo fissi agonizzare, senza precipitarti a dargli il colpo di grazia solo per discrezione (termine sufficientemente ambiguo), quando all'improvviso quello ti si rianima riprendendo, seppur stancamente, corpo.

Eppure ci si può sempre sorprendere...esistono persone che senza fare nulla di particolare possono metterti a tuo agio.

La calma, la temperanza non è certo una mia virtù. Sono un passionale melodrammatico del cazzo :)