lunedì, gennaio 30, 2006

Fear


Pum...
Pum...
Pumm...
Buio. Le palpebre si aprono di scatto. Altro buio
Pumm...
Si tira a sedere sul letto. Ansima.
Pumm...
La mano corre nervosamente a cercare l'interruttore della lampadina sul comodino.
Pumm...
La luce stupida e assonnata si staglia sui profili alieni di cose familiari.
Pumm...
L'aria vibra così intensamente ad ogni battito che sembra essere liquida. Le pareti sembrano non poter contenere la vibrazione. Le pareti sembrano voler esplodere.
Pumm...Pumm...
"Cazzo!"
L'imprecazione scivola fuori sibilata dalle labbra secche, dalla bocca ancora impastoiata per il sonno.
Pumm...Pumm...
"Cazzo!"
Ora lo dice a voce piena.
Pumm...Pumm...
"Cazzo!CAZZO!"
Ora l'imprecazione è un urlo, mentre la paura gli dilata le pupille e gli stringe le viscere.
Pumm...Pumm...
La coperta, calda del suo calore, gettata da parte. Si alza in piedi, i piedi nudi sul parquet. Ansima come se quello fosse l'ultimo ossigeno della sua vita. Non fa nulla. Sta solo in piedi. Lo sguardo inchiodato su un punto che non ha alcuna importanza, che potrebbe essere qualsiasi altro punto.
Pumm...Pumm...Pumm...
Il viso si contrae in una smorfia di paura, smorfia della bestia che lo ha reso l'incapacità di capire. Non c'è nulla da capire. Non c'è tempo o modo per capire. E' solo troppo...grande?
Pumm...Pumm...Pumm...
Ora le sue imprecazioni sono isteriche, piange e sbava. si scava le guance con le dita. Si sente mancare.
PUMM...PUMM...PUMM...
Stavolta è tanto forte che il suo cranio, il suo petto sembrano non poter contenere la vibrazione. Il suo cranio, il suo petto desiderano esplodere. Ma lui non vuole, lui non può! Urla, urla disperato e mentre urla cerca di infilarsi in fretta sul pigiama i vestiti del giorno prima.
PUMM...PUMM...PUMM...
I jeans troppo larghi.
PUMM...PUMM...PUMM...
La felpa troppo larga.
PUMM...PUMM...PUMM...
Le fottute scarpe che non entrano, che ha lasciato allacciate, la fottuta soletta che si piega.
PUMM...PUMM...PUMM...
"Cazzocazzocazzocazzocazzo..."
Afferra, scaraventandosi fuori dalla stanza come se ossa e muscoli fossero messi insieme a caso entro l'involucro della sua persona, afferra la giacca lisa e la sciarpa di lana colorata.
PUMM...PUMM...PUMM...
La discesa dalle scale, al buio è fatta di angoli, contusioni, mancati equilibri, di un labbro spaccato e di altre imprecazioni sputate tra sangue e saliva.
PUMM...PUMM...PUMM...
La porta non si apre. La porta non si apre! L'idea della chiave che deve girare nella toppa arriva in ritardo.
PUMM...PUMM...PUMM...
"Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa! Cazzo! Devo uscire! CAZZO!"
Piange. Capillari e pupille dilatate. Piange. Gira la fottuta chiave nella fottuta toppa. Non si apre! Non si apre! Gira, gira ancora. Si apre!
PUMM...PUMM...PUMM...
Il gelo della notte, che si era solo fatto intuire dallo spiffero sotto la porta, gli impatta contro come fosse solido, come potesse spingerlo indietro. Quasi cade. Resta in piedi. Una falcata ampia quanto le sue gambe corte gli possono concedere, quanto gli può concedere il cavallo basso dei suoi pantaloni troppo larghi.
PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...
E' nel vialetto. La luce della luna è incredibile. La luna deve essere piena. La luce della luna è troppa. La luna deve essere piena. Non ha ancora girato la testa verso l'alto, verso il cielo, verso la luna, ma la luce è...terribile, la luce è terribile. Sa già cosa vedrà, lo sa senza saperlo, sa già cosa vedrà. Alza la testa.
PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...
Non è la luna. Non è la luna. Non è la luna è un occhio. Nel cielo non c'è la luna, non c'è la luna ma un occhio. Non c'è la luna ma un occhio enorme, spalancato, fisso.
PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...
L'occhio lo guarda. L'occhio lo guarda e lo sguardo, quello sguardo, è terribile. Quello sguardo lo penetra lo fruga, come mille piccole mani che si muvono dentro di lui, tra organi pulsanti, in ogni viscido anfratto del suo corpo, internamente.
PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...
Quello sguardo è pesante, lo schiaccia. Quello sguardo è bruciante, lo incenerisce.
PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...
Ora corre. Corre lungo il vialetto. Corre perchè deve correre...lungo il vialetto. Si volta. lo sguardo non lo perde mai. Lo sguardo sarebbe su di lui anche sprofondasse al centro della terra. Lo sguardo non lo abbandona.
PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...
Ha ancora la testa girata all'indietro quando colpisce il cancello e finisce a terra seduto. Quel battito terribile, mostruoso, quel battito è di un cuore abnorme, quel battito squassa ogni cosa. Quel battito è il cuore crudele del mondo. Quell'occhio è l'occhio crudele del mondo. Si rialza.
PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...
PUMM...PUMM...
Urla ancora, urala e piange. Salta sul muretto di cemento alla base dell'inferriata. Si afferra al bordo metallico e scavalca di slancio. Urla e piange. L'orlo strappato dei fottuti pantaloni si incastra da qualche parte. Lo slancio lo sbilancia. Cade girando su se stesso. La testa contro le mattonelle arancioni. Piange e urla.
PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...
PUMM...PUMM...PUMM...
Sangue. Sangue e sabbia. La testa ronza come i vecchi lampioni che fanno troppa resistenza. L'occhio lo guarda. Piange e non urla. Si rialza. Biascica imprecazioni. Si rialza ed il sangue copioso cola sul collo, appiccicoso. si alza e corre su per la rampa. Corre e non vede che contorni sfocati. Corre e non sente che ronzio. Ma l'occhio, ma lo sguardo lo sente, lo sguardo crudele dell'universo gelido. Il battito di quel cuore orrendo, immane, di quel cuore, del cuore crudele dell'universo gelido, lo sente.
PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...
PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...
Corre sull'asfalto del parcheggio. Corre ed impreca sputacchiando sangue e sabbia e saliva e lacrime. Corre e piange. Corre e cade ed i pantaloni si lacerano al ginocchio. La pelle sul ginocchio è sangue e ghiaia mentre si rialza ancora e corre. Ora il cielo non è coperto da nulla. Ora l'occhio crudele lo scruta terribile. Ora i battere di quel cuore imponderabile fa vibrare l'orizzonte ed ogni fibra della sua carne martoriata, ed ogni lembo della sua mente martoriata.
PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...
PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...PUMM...
Fissa ancora quell'occhio terribile. Ancora le orecchie piene di quel battito terribile, quando mette piede sulla strada. L'impatto è tremendo. La velocità è quella di uno bolide delle quattro di notte, della città deserta. Il volo è tremendo, la parabola lo scaraventa sul marciapiede davanti al cancelletto marrone di una villetta. In quel momento, l'angosciante intensità di quello sguardo si fa ancor più forte. Il battito è un vibrare di ogni piano d'esistenza mentre la vita con il sangue abbandona il suo corpo, parodia grottesca e scomposta del corpo che era.
PUMM...PUMM...PUMM...
Le palpebre incrostate di sporcizia tremano appena. Il gelo lo assale ed è un gelo che non potrà trovare mai più calore.
PUMM...PUMM...
Gli occhi si chiudono sigillati dall'ultima l'acrima.
PUMM...
L'occhio terribile nel cielo piange sangue nero e chiude palpebre stellate sulla penetrante crudeltà del suo sguardo.

Nessun rumore turba la notte gelata.

Delirium Statisticum


E' allucinante. Non lo pensavo davvero possibile. E c'è gente che cerca lo stato euforico-allucinatorio nell'uso di sostanze psicotrope di vario genere (tabacco, alcool, marjuana, ecc.)...poveri illusi!!!

Il vero "sballo" sta nella statistica! Si, esatto, mi avete inteso perfettamente: dopo una giornata dietro a modelli di regressione più o meno lineare, a tavole di mobilità intergenerazionale e surrogati, a test del chi quadrato, ad indici di dissimilarità e fogli excell colorati con annesse formuline risparmiatempochefannounbottodicalcoliinauto
maticosenzachetudebbafaretuttoamanooconlacalcoltrice, senza che queste cose paiano avere tra loro la benchè minima connessione o utilità pratica (tranne quella di farmi passare l'esame/i...forse) sto delirando! Canticchio da solo in modo ossessivo, anche canzoncine e motivetti insopportabili e autofastidiosi mentre faccio i calcoli, corro per le scale findandomi su e giù e rischiando di impattare contro ogni genere di spigoli e stipiti e di rompermi rotule. Mi sento imbecillemente euforico ed ho la testa leggera. Lo spazio davanti ai miei occhi si distorce e sembra prima stirarsi, poi collassare verso un punto centrale come fosse un buco nero, cosa che rende il monitor con il suddetto foglio excel una sorta di caleidoscopiocatodico. A volte il campo visivo si riempie di migliaia di piccoli girini al neon, verdi, gialli, rossi. Ho la voglia di andare a letto che ha uno che si è appena svegliato da un coma di 20 anni ed ha vinto il primo premio al superenalotto, tutto questo senza aver bevuto un caffè. Non è che non senta stanchezza, la stanchezza se ne sta li, non mi pesa ma la sento, so che cè. So che è forse assurda come metafora, ma è come avere due sottili dischetti di alluminio o plastica inseriti appena sotto pelle nella zona delle tempie.

A tutti gli scettici, questo stato assurdo non è arrivato subito: sono passato dalla noia, al rifiuto, all'intolleranza, ai conati, fino a giungere al delirio. La strada è lunga, chissà quanto durano gli effetti.

In chiusura, colgo l'occasione per fare i complimenti all'amico Tucanto ed al suo gruppo, i KAAL, le canzoni del vostro primo album mi si sono già infilate in testa, piantate come puntelli da scalatore. Sicuramente la colpa è anche della mia mania di ascoltare ripetutamente album o canzoni per periodi abbastanza lunghi di tempo (sorvoliamo), ma, altrettanto sicuramente, il merito sta nel pregio delle canzoni, nella loro orecchiabilità e nell'originalità dei suoni (almeno per le mie orecchie da profano). Bravi.

sabato, gennaio 28, 2006

Prima il decadere, poi i(l) D(evo)overe


Oggi non ho granché voglia di postare, o meglio l'avrei anche se il post si scrivesse da solo, ma non è così. Di conseguenza, poichè ho trovato molta saggggezza nell'ultimo componimento del Plenipotenziario g., nonché la descrizione di una condizione che per parecchi versi è molto simile alla mia (parecchi...diciamo che, benché io sia distratto di natura, poichè certe cose non sono proprio frequentissime, quando mi capitano mi aiutano a concentrarmi), mi sembra doveroso rendere omaggio alla sua augusta persona con una simpatica citazione:

La merda in cornice.

Parla, non ti ascolto
Devo smettere di andare a letto tardi
Poi di scaricare pornografia
Poi di non fare niente
Di alzarmi tardi
Devo smettere di fare cose inutili
Devo smettere di fare finta di bere
Devo ascoltare più i Devo
Poi di farmi troppe seghe
Poi di scopare pensando ad altro
Poi di pulirmi in bagno
Devo smettere di pensare ad altro
Devo smettere di non venire mai
Devo
decidere se e cosa fare
Devo scaricare qualcosa dei Devo
I can get no, satisfaction.

(estratto dal Blog "Felicità libica" del Plenipotenziario g.)

giovedì, gennaio 26, 2006

Red, Black, Purple & Grey


E' un attimo, non dura più di qualche secondo. Non pensi a nulla di particolare mentre guardi fuori dal finestrino sporco uno scenario fin troppo familiare che scivola via rapido, appena abbellito dal rosso atavico del tramonto di un limpido sole invernale.

Lui si agita, infido, come un ratto sotto mucchi di immondizia.
Non lo vedi subito, dapprima lo percepisci, percepisci il movimento, con la coda dell'occhio. Poi il fruscio, mentre già comprendi.
Tra un tentativo di mettere ordine nella lista di quotidianità da sbrigare e una fugace considerazione rispetto al fatto che ordine nel quotidiano non ce n'è mai stato, tra un mentale apprezzamento alla linea del viso della sconosciuta che condivide la noia del pendolarismo ed una rapida ipotesi sugli svaghi finesettimanali possibili, caccia fuori il suo viscido muso nero.

Non ha una forma precisa. Si muove velocemente, quasi in preda a spasmi. I contorni della sua figura sono sfocati e sembra che il suo corpo sia fatto d'ombre cangianti. E' piccolo non ha un gran peso, se solo riuscissi a metterlo a fuoco ne farei poltiglia sotto la mia suola, lo annullerei con sadico disprezzo. Ma sfugge, salta dentro e fuori dalla mia percezione.

Non te lo aspetti quando, a tradimento, morde. I suoi piccoli dentini bianchi che bucano la pelle del collo, proprio sotto la mandibola. La mano aperta non lo trova quando s'abbatte. Non senti nessun male, ma il suo veleno è più sottile.

La bocca si fa amara e le calde tinte rosse del sole cambiano in viola. La serenità incosciente si sgretola, crisalide di una farfalla che da tempo ha preso il volo, e sai che sarai grigio fino a quando non raggiungerai il letto, fino al nuovo sole. Non triste, non arrabbiato...grigio e solo per uno stupido, piccolo pensiero che è sfuggito alla presa della coscienza, come guizza la saponetta tra le mani bagnate, magari una cosa stupida, come l'aver dimenticato le chiavi di casa, oppure l'idea della spiacevolezza ipotetica in una situazione del solo ipotetica appena immaginata. Cose risibili, che non hanno trovato spazio nel main-stream dei pensieri consapevoli...eppure, ora sono grigio.

lunedì, gennaio 23, 2006

Primal Rage


Sono un fottuto ansioso, non c'è che dire.

La mia lotta con l'accidia si fa più dura ogni giorno.

L'eccesso di intimismo di questo blog non mi preoccupa abbastanza da fare qualcosa.

All'uni è tutto incomprensibilmente assurdo ed ora vogliono pure farci parlare dei nostri problemi. A farmi venire l'acido non ci metto un gran che, a vomitarglielo addosso, moltiplicato dall'acido dei miei compagni anche di meno. La mia vena ad Y pulserà proprio in mezzo alla fronte, la faccia mi diventerà porpora fluorescente ed il mio tono di voce risulterà fastidiosamente alto senza che nemmeno io ci faccia caso. Diventerò indisponente e sarcastico. Il senso dell'umorismo mi manca solo in entrata, in uscita, per il sarcasmo e le freddure british non ci possiamo lamentare. Alternerò eccitazione ed euforia, se mi sentirò sostenuto dai "compagni di sventura" e dai loro interventi e toni, a depressione e pessimismo, quando mi sembrerà che le divergenze siano incomponibili, o quando non riuscirò ad avere abbastanza fiducia nelle mie argomentazioni per la mia confusione interna.
Tutto questo perchè? Agire così, in termini strategici, è utile? La risposta più probabile è no (secondo una logica Bayesiana...fottuto esame di Pisati).
Potrei essere molto più pacato e "zen"....ahahahahhahahahahhaha...divertente.
Potrei starmene semplicemente zitto, come se la cosa non mi tangesse, lasciando fare ai miei validi compagni...aahahahahahahhahahahhah...e poi qualcuno dice che non so essere autoironico.
Nessuna delle due alternative mi risulta praticabile, non certo perchè i miei compagni non siano effettivamente validi, solo e soltanto perchè è parte della mia natura più profonda reagire attivamente e sul momento alle cose che mi toccano e farlo in maniera irruenta. Non riuscirei a stare zitto, non riuscirei a far finta di nulla...forse, tutto quello che posso fare è cercare di mitigarmi, di tenere sotto controllo i toni e le pulsazioni. Vedremo. Intanto studiare.

venerdì, gennaio 20, 2006

Constant Flux


Ci sono visibili smagliature sul mio ego.
La mia umoralità è fastidiosa (ah! La teoria degli umori!).
Il mio darmi al relativismo più becero e svogliato è fortemente autofastidioso.
Sembra d’altronde inevitabile ammettere che madonna ne sappia una più del diavolo (!), che sappia continuamente reinventarsi, che sia sempre...no, che i tempi siano sempre al passo con lei, e poi...cavolo ma come fa ad avere 40 anni!!!!
I flussi di coscienza forse andrebbero banditi, specie per gente come me.
Andrebbe sicuramente bandita la funzione loop di winamp, specie per gente pigra come me che mette una sola canzone in lista e non la cambia.
Il Dio dell'assenzio ha deciso che dovevo istruirmi riguardo al suo culto e venire a conoscenza del fatto che il dio di e-bay, suo fraterno amico, smercia interessanti bottiglie a chiunque sia abbastanza accorto da cercar bene.
In effetti un politeismo animistico non mi dispiacerebbe per nulla. Sarà sicuramente troppo mistico/magico e moralmente limitato per fondarci sopra le premesse di un capitalismo moderno da rivoluzione industriale a venire, ma me ne farò una ragione.
Ora magari vado a letto. A volte penso che le mie ore di sonno sono un atto di clemenza verso il mondo.

lunedì, gennaio 16, 2006

Verde



Tra me ed il verde ci dev'essere qualcosa...non so...

Ho appena ingollato ottimi galloni di succo alla mela verde e kiwi. E' buono. Se ne scivola giù vellutato e fresco, verde smeraldino, nella malebolgia ritorta dei miei visceri, pacifico, come dovesse andare in vacanza.

Io ed il verde dobbiamo essere legati in qualche modo.

Avevo cinque anni e una delle poche cose che sapevo su di me era che il verde era il mio colore preferito e che il cinque era il mio numero preferito, poichè era il numero dei miei anni. Tutto questo prima di realizzare che a sei anni non ne avevo più cinque e che quindi la mia preferenza per il cinque perdeva ogni significato.

Tra me ed il verde dev'esserci qualcosa.

La mia stanza è verde, ormai da almeno 12 anni. Da sulla parte in ombra della casa, quindi è un verde necessariamente scuro, o artificiale se è la lampadina a rischiararlo. Il verde è tranquillizzante. Io non sono affatto un tipo tranquillo. Dovrei passare più tempo nella mia stanza e meno davanti al monitor (che per la verde saggezza dei miei non fu messo nella mia stanza).

Io ed il verde abbiamo qualcosa a che spartire.

Erano verdi i miei succhi gastrici sul pavimento con mattonelle dai colori smorti nel retrobottega del negozio di fiori di Tonno. Erano le otto. Non mi restava altro da dare. D’altronde il mio alcolismo è sempre stato autodistruttivo di fondo, non certo per caso. Impenitente pedagogo di questo meato, ad ammannir consigli, guardando le stelle e desiderando la morte contingente, mai invocata prima.

Con il verde devo avere un debito.

Verde aromatico e volatile, fruttato, ai riflessi stroboscopici di un posto dove la mia teatrale e miserabile pretesa di superiorità non mi avrebbe mai portato, dove mi portò il mio imbranato e goffo desiderio d'umido. Lungo una discesa ruvida fino al tempo dove non c'erano parole, solo calore, solo liquidità, solo comunione in corpo e saliva. Incurante di fari come occhi e di occhi come fari, incurante della patetica cerca che quella sera non era mia. Tronfio e gongolante, tornando a casa, dispensar confidenze a gente appena conosciuta.

Il verde è la strada, ove mi condurrà il verde?

Prima lo smeraldo di due dita, mutato poi dal sacro rituale dissacrato dagli eccessivi costi sociali che portava con sé. Officiato graziosamente da una vestale che dell'empatia faceva strumento per passar indenne la prova della noia, di lunghe ore tra i tavoli. Per quanto apparissero inadeguate, comuni, buone per chiunque, le sue parole trasmettevano un bene semplice, un affetto di superficie e non individuale, ma non per questo meno sentito. Il desiderio suggellato dalla parva fiammella, la carezza e l'annacquato scendere di un verde che ora è tenue e frizzante, quasi spumoso.

Che sia verde il mio Karma?

domenica, gennaio 15, 2006

Origine viscerale


Eppure sempre sfugge...


Dopo una rapida quanto aliena, estranea caduta agli inferi, dopo una risalita altrettanto repentina, con il gusto di un risveglio da un brutto sogno, un risveglio in cui pare ovvio cosa era onirico e cosa è reale, dopo tutto ciò si devono sbrogliare i fili.

E' necessario ordinare l'esperienza per trarne beneficio. E' necessario distillarne un essenza e berla prima che la sua volatilità la perda nell'aria. Con lo stomaco che gorgoglia, viscerale, mentre assorbe, assimila, è necessario prodursi in azione nuova, accortamente riorinentata perchè vivere non sia inutile.

Pacifica la dubbiosità sul fatto che vivere debba essere utile, ma alla fine si tratta di sentire, nulla più. E' una cosa come il discorso sull'ordine superiore immanente, sul fatto che esista o no, sul fatto che sia o meno possibile comprenderlo, almeno in parte, approssimarlo...è una questione di fede, non necessita, o meglio, non può avere spiegazione di sorta.

Sento che la vita deve avere un senso, intendiamoci, la mia vita, non è una cosa che a pensarci vedo come generale, non è un discorso sui massimi sistemi, è una cosa personale, è il motivo per cui mi incazzo quando mi rendo conto che imparo, per pigrizia mentale, molto meno di quanto potrei.

Infondo è materia di fede anche questo: chi mi assicura che c'è differenza tra potrei e posso, tra posso e faccio, tra potrei e faccio? La risposta è retoricamente "nessuno", si tratta nuovamente solo di sentire.

In ultima analisi, riducendo ai fattori primi, sembra di poter dire che sia il sentire, il sentire profondo e viscerale, sottratto alla vivisezione della logica, il motore ultimo dell’esistere, dell’agire…la razionalità viene sempre almeno un istante dopo, comunque.

Forse una realizzazione scontata, banale, inutile, forse no…il mondo è probabilistico daltronde...(lo penso o lo sento?).

sabato, gennaio 14, 2006

O sapevate??


Prima cosa: Grazie...a un sacco di persone, per motivi che possono intuire, tra le quali Manju, Faust, Angelo, il plenipotenziario g., a molti amici/compagni dell'uni e agli amici di sempre. Sorprendersi di attestazioni spontanee di stima, specie nei momenti più cupi, è una delle sensazioni più piacevoli che si possano provare, credo.


Secondariamente...legata (ovviamente a modo mio) con la prima, una considerazione gustosa da infilarsi di diritto nell'angolo delle "idiozie a tema teologico di Gert":

Dio, nell'ipotesi che esista (cui ognuno a modo suo attribuisce una certa probabilità), non può non sapere, non può ignorare. Per contratto, dio sa tutto, dunque paradossalmente non può avere idea di cosa si provi a non sapere, né può gioire per il fatto di avere l'illusione di aver ridotto la sua ignoranza attraverso l'uso della logica (l'inferenza statistica del proff Pisati per esempio) o per l'impressione di intuire qualcosa di più grande. Dio sa sempre tutto....che palle!! La noia divina dev'essere mostruosa.

Ok, la pianto qui che il senso l'ho smarrito già da un pò...anche perchè mentalmente mi sono già mosso miliardi di critiche, relativamente alla mia affermazione, il che è stronzo quando si sa di voler dire solo una stronzata....METASTRONZAGGINE: SCOPRILA SUUUUU RIEDUCATIONAL CHANNEL!!

sabato, gennaio 07, 2006

Sbagliando si sbaglia...o no?


Paradossale come a volte sbagliare, fallire possa essere rassicurante.
L'istinto di conservazione può assumere forme strane e conservare cose che forse non andrebbero conservate. Fortunatamente anche l'autolesionismo ha voce in capitolo.
Ma sto divagando.
Il punto è che non mi farò fermare...almeno, ci proverò.

Ma come scrivo? Bho? Assenzio aiutami tu...giuro che vi pago l'insulina.

Autoincitamento


Imporre la volontà al cuore è sempre uno sforzo sfibrante, ma il cuore non è sempre il buono tra i due.
Scegliere, accettando di perdere qualcosa per guadagnare qualcos’altro invece che piangersi nullatenenti, è un passo più complicato di quanto si possa credere.
L'impresa più ardua è la perseveranza: se chi ben comincia è a metà dell'opera, la seconda metà è quella più impervia.
Ma se qualcosa è difficile, significa per certo che non è impossibile e che a riuscirci è gratificante.

venerdì, gennaio 06, 2006

Paura


"La paura uccide la mente. La paura è la piccola morte che porta con se l' annullamento totale. Guarderò in faccia la mia paura. Permetterò che mi calpesti e mi attraversi, e quando sarà passata non ci sarà più nulla, soltanto io ci sarò."

Frank Herbert - "Dune"

La madre di ogni fissità


Almeno non petulante. Almeno non ossessivo.

Nonostante il silenzio sia la morte, nonostante l'assenza di pensiero sia la morte, sia la non esistenza.

Fissamente davanti allo schermo.

Finalmente l'assenzio, Assenzio verde di Barcellona. C'è a chi non piace l'anice. Ciò non rende l'assenzio meno assenzio, ne chi non ama l'anice meno amabile o di buona compagnia.

L'assenzio è come l'esperienza religiosa: personale.

I Prodigy cantano, suonano, emulsionano il mio cervello con l'assenzio.
L'ignoranza è santa.

Il tempo non esiste, il temo è un istante, un singolo istante.

Voglio annullare il mio passato senza annullare me stesso, voglio prevenire ogni futuro.

Il tempo non esiste.
La fissità è spaventosa. Dello sguardo, dei muscoli del collo.
La paura porta al silenzio. Il silenzio è la non esistenza. Perchè mi aggrappo tanto all'esistenza se tanto temo?
Di cosa è fatto lo spirito? Di cosa è composta la volontà? Di cosa si compone la certezza?

Perfido maestro l'assenzio, quella che mi dona non è nuova sapienza, solo nuova fissità. I miei occhi sono aperti, forzati ad essere aperti, a guardare il mondo senza riconoscere nulla, costretto a riconosce me stesso alieno, sapendo di esserlo senza il dono di ignorarlo.

Sono un ipocrita, falso, mentitore e codardo. Sono quello che volete che sia, ma sempre troppo tardi. Vi amo solo fino al momento in cui cominciate ad amarmi, dunque vi odio, odio tutti senza distinzione di sorta, senza nemmeno il coraggio di ammetterlo, di accettarlo.
Dio dell'assenzio, battezzami nei tuoi verdi lavacri, mostrami il fiume che non scorre, liberami dall'imbarazzo dei vaneggiamenti, rendimi fiero del mio soliloquio. Assolvimi, libera l'animo mio dallo sguardo annoiato e disinteressato del mondo.

giovedì, gennaio 05, 2006

Codardia redenta


Amo ch'ella m'ignori.

L'odio perch'ella m'ignora...

t'amo soffrendoti,

t'odio amandoti.

Dolce l'umore tuo più intimo,

come fiele lambisce la lingua.

Lenisce il calore del tuo corpo,

il gelo m'avvolge al tocco.

M’inganno e ti rifuggo.

Invano ostento livido orgoglio nello starti discosto;

vanto la superiore volontà

che rende l’uomo tale,

che al cor s’impone, fiera…

ma cado.

Cado fragile e nudo nella gola,

nell’antro cupo del desiderio,

Il desiderio di te,

della tua voce,

immaginata nel silenzio tagliente e ironico;

dei tuoi occhi pudicamente chiusi,

come forse impudicamente chiuso il tuo animo;

delle tue labbra morbide, verdi, di frutta,

che non m’è dato d’assaggiare nuovamente;

dei tuoi seni caldi, ansanti, delicati,

che non m’è dato di sfiorare ancora.


Se soffro, perché non verso lacrime salate e calde

a scavarmi le guance?

Perché la mia pena m’è fedele compagna

e l’animo l’accetta?

Perché il tuo viso si perde nell’acque scure del mio profondo?

Non sei tu.

Non siete voi.

Nessuna.

…eppure oggi ancora mi appari e sei parte di Lei.

lunedì, gennaio 02, 2006

Elogio della visceromanzia


Cercava la pazzia senza convinzione, per vezzo, la cercava senza pensare che avrebbe potuto trovarla veramente.

Era annoiato, stanco, lo era senza essersi mai preso nemmeno la briga di muovere un solo passo fuori dalla porta, senza mai aver lasciato l'abbraccio caldo ed umido della sua poltrona, che con amabile premura s'era fatta complementare ai suoi lombi.
Perchè viaggiare il mondo quando il mondo entrava in casa, vomitato da luminose finestre, rigurgito caotico e catodico, rumoroso, schizofrenico, ansioso, ma sempre igienico, asettico, bianco lattice.
Perchè curarsi delle piaghe, le piaghe si possono ignorare. La grandezza dell'uomo, l'unicità dell'essere umano sta nel saper ignorare...è per questo motivo che i computer non ci hanno fatto ancora schiavi, non sanno ignorare.
Perchè curarsi di arieggiare il locale prima di soggiornarvi, a memoria non c'è mai stato un "prima" e poi l'ossigeno è sopravvalutato, i benefici dell'aria "fresca e pura" sono costruiti ad arte dall'ufficio marketing di una grande compagnia di viaggi...come se servisse "andare" veramente da qualche parte. Cosa dicevano su Maometto?
A che serve avere contatti con "persone reali"? Una volta c'erano. Erano inutilmente profondi, nonselettivamente intimi. Personalità complesse, ruoli fin troppo confusi tra loro, troppe informazioni non quantificabili, non classificabili...
E poi che significa reali? Cos'è una persona reale? Si cerca forse di sostenere che le lettere nere sullo schermo immacolato non sono reali? Si cerca forse di affermare che è come parlare con se stessi, è come vedere ciò che si vuole vedere, come estirparselo da dentro e gettarlo sullo specchio?

No...no...gli bastava essere abbastanza diverso da tutto ciò che era uguale ed abbastanza uguale a tutto diversamente da ciò che era diverso.

A migliaia fiorivano animi, spiriti, persone dal suo corpo bianco, flaccido e sudato, come gli sfilassero brani di carne, e se da ognuno nascesse altra vita.
Dalla mente pulsante ogni nato sbocconcellava frammenti di cosicenza.

Quando la Pazzia arrivò, trovò poco meno che ossa, rosicchiate, avvolte in bozzolo, teoria di pelle ormai secca e svuotata.
Pianse la pazzia sola nella stanza, alla fredda luce del monitor.

domenica, gennaio 01, 2006

La certezza è un lusso



Ecco il 2006.

Che dire...evviva! Non so di solito è quello che si dice quando arriva l'anno nuovo. Mettersi a fare il cinico, a dire che infondo non succede nulla di particolare e che è un giorno come un'altro, non ha gran senso e, per altro, non è nemmeno necessariamente vero.

Notte di festeggiamenti tranquilla quella appena passata. Merito del fatto che, a fronte di fiumi di birra e vino, solo io ho portato superalcolici (il necessario per preparare il gin lemon).
Amici conosciuti, gente nuova e simpatica, un Gert versione cabaret per la prima parte della serata, (inutilmente...forse) filosofeggiante su questioni metafisico/teologiche durante la seconda parte (per chi mi conosce: non immaginatevi me che ammorbo qualcuno con astruse discussioni per ore, ieri sera ho trovato due validi compagni di discussione), il buon Michele che ha preso la seconda importante sbronza della sua vita (almeno qui, in sede) e che si è manifestato in tutta la sua esuberanza ed in tutto il suo sprezzo del pericolo.

Una serata tranquilla dicevo, una serata ed una nottata scivolate via in fretta, forse troppo, con la neve ed il gelo che ci hanno tenuto in casa con il profilo che non è mai stato troppo alto. Niente di cui ci si possa davvero lamentare comunque, anzi.

A parte le nuove conoscenze, però, una serata più improntata al vecchio che al nuovo, con il peso (non gravissimo, ma cmq fastidiosamente sensibile) di errori passati che si manifesta concretamente e con rodimenti e rimpianti vari (che come recita una certa saggezza popolare andrebbero necessariamente barattati con i rimorsi) che punzecchiano, appena sotto pelle.

Forse è scontato che io mi senta moderatamente triste ora, tanto più che mi sono svegliato alle 16.00 e sono solo in casa, ma è finito tutto troppo presto ed ancora una volta mi rimane l'impressione di non aver gustato a pieno tutto ciò che c'era da gustare.

Ho perso la mia Moleskina, il piccolo tacquino grazie al quale il mio percorso di automiglioramento avrebbe dovuto prendere forma concreta...il mio relativismo già divora le basi di questa possibile riedificazione.
Sto delirando.

Buon 2006.