Il sole rosso, enorme, deforma l'aria limpida lungo l'orizzonte. Le macchine sfrecciavano veloci verso e dalla circonvallazione. Una folata fresca rimesta l'aria tiepida strappando qualche brivido.
Il ragazzino se ne sta fermo, accovacciato sui talloni, lo sguardo fisso a terra.
La lucertola si contorce, il ventre esposto, la testa che si agita freneticamente, con i piccoli occhi neri che proprio non riescono ad esprimere la sofferenza che prova, una sofferenza che ti devi interamente immaginare. Ai lati del collo, proprio dietro l'attaccatura della mandibola, due porzioni tonde di pelle squamosa pulsano rapide, sincroniche con il piccolo ventre che, ritmicamente, si infossa oltre le costole.
Poco sotto l'attaccatura delle zampe posteriori un sorriso rosso interrompe la pelle giallo-verdina, va da lato a lato. Sembra superficiale, non c'è sangue che stilla, sembra solo un graffio. Ma le zampe posteriori sono immobili, la coda è rigida come fosse congelata, mentre la parte superiore del corpo è in preda a scatti convulsi, a parodie di deambulazione.
Il ragazzino la guarda incuriosito, inebetito agitarsi nella terra polverosa, tra i fili troppo verdi di erba estiva, l'odore di polvere, il sudore quasi asciutto che con l'aria della sera che incombe da qualche brivido. Ha in mano il tubo di plastica bianca, chiuso ad un estremità, con cui voleva catturarla. Ha in mano il tubo di plastica bianca dal bordo sottile con cui ha imparato quanto è facile infliggere sofferenza, anche senza volerlo.
Dimenandosi forsennata la bestiola si è spostata di qualche centimetro verso un sasso grigio come a volersi nascondere, terrorizzata all'idea di poter essere nuovamente ferita. Ma quegli occhi non la odiano, non desiderano per lei altra violenza, la osservano curiosi, curiosi perchè la morte è solo una parola fino a che non la vedi.
Rapidamente quei minuti occhi lucidi si fanno opachi. Le unghie aguzze artigliano l'aria in archi sempre più lenti delle zampe esauste. L'impossibilità per quel muso di essere espressivo se non nella mente di chi ha una faccia e lo guarda potrebbe essere un alibi, ma non basta. Il ragazzino con la punta di un rametto cerca di spingere la lucertola a pancia in giù.
Al tocco quella apre la bocca in un urlo che non può emettere, per un attimo le zampe tornano frenetiche e il corpo si arcua intorno alla punta di legno. Dovrebbe prenderla con le mani e girarla...ma fa troppa impressione, fa senso, fa schifo. Esitante allunga un dito, la tocca appena, è fredda e non è viscida come sembra. E' rigida e tesa, si gira e scivola sulla polvere come fosse una cosa inanimata. La sabbia si impasta con il sangue denso, rappreso della ferita sull'addome. Ormai la rigidità ha invaso tutto il corpo. Sembra impagliata, come se non fosse mai stata viva. due colpetti al fianco non sortiscono alcun effetto.
Dalla casa, oltre i cespugli di pitosfero, la voce della madre chiama per la cena. Il ragazzino indugia ancora qualche minuto. Si sente male, non sa esattamente perchè. Stava solo giocando e quella era solo una lucertola, ma non voleva che morisse, non voleva farle del male. Il richiamo si ripete con note alterate. Il ragazzino corre via, lasciandosi dietro solo un cumuletto di terra smossa.
Il ragazzino se ne sta fermo, accovacciato sui talloni, lo sguardo fisso a terra.
La lucertola si contorce, il ventre esposto, la testa che si agita freneticamente, con i piccoli occhi neri che proprio non riescono ad esprimere la sofferenza che prova, una sofferenza che ti devi interamente immaginare. Ai lati del collo, proprio dietro l'attaccatura della mandibola, due porzioni tonde di pelle squamosa pulsano rapide, sincroniche con il piccolo ventre che, ritmicamente, si infossa oltre le costole.
Poco sotto l'attaccatura delle zampe posteriori un sorriso rosso interrompe la pelle giallo-verdina, va da lato a lato. Sembra superficiale, non c'è sangue che stilla, sembra solo un graffio. Ma le zampe posteriori sono immobili, la coda è rigida come fosse congelata, mentre la parte superiore del corpo è in preda a scatti convulsi, a parodie di deambulazione.
Il ragazzino la guarda incuriosito, inebetito agitarsi nella terra polverosa, tra i fili troppo verdi di erba estiva, l'odore di polvere, il sudore quasi asciutto che con l'aria della sera che incombe da qualche brivido. Ha in mano il tubo di plastica bianca, chiuso ad un estremità, con cui voleva catturarla. Ha in mano il tubo di plastica bianca dal bordo sottile con cui ha imparato quanto è facile infliggere sofferenza, anche senza volerlo.
Dimenandosi forsennata la bestiola si è spostata di qualche centimetro verso un sasso grigio come a volersi nascondere, terrorizzata all'idea di poter essere nuovamente ferita. Ma quegli occhi non la odiano, non desiderano per lei altra violenza, la osservano curiosi, curiosi perchè la morte è solo una parola fino a che non la vedi.
Rapidamente quei minuti occhi lucidi si fanno opachi. Le unghie aguzze artigliano l'aria in archi sempre più lenti delle zampe esauste. L'impossibilità per quel muso di essere espressivo se non nella mente di chi ha una faccia e lo guarda potrebbe essere un alibi, ma non basta. Il ragazzino con la punta di un rametto cerca di spingere la lucertola a pancia in giù.
Al tocco quella apre la bocca in un urlo che non può emettere, per un attimo le zampe tornano frenetiche e il corpo si arcua intorno alla punta di legno. Dovrebbe prenderla con le mani e girarla...ma fa troppa impressione, fa senso, fa schifo. Esitante allunga un dito, la tocca appena, è fredda e non è viscida come sembra. E' rigida e tesa, si gira e scivola sulla polvere come fosse una cosa inanimata. La sabbia si impasta con il sangue denso, rappreso della ferita sull'addome. Ormai la rigidità ha invaso tutto il corpo. Sembra impagliata, come se non fosse mai stata viva. due colpetti al fianco non sortiscono alcun effetto.
Dalla casa, oltre i cespugli di pitosfero, la voce della madre chiama per la cena. Il ragazzino indugia ancora qualche minuto. Si sente male, non sa esattamente perchè. Stava solo giocando e quella era solo una lucertola, ma non voleva che morisse, non voleva farle del male. Il richiamo si ripete con note alterate. Il ragazzino corre via, lasciandosi dietro solo un cumuletto di terra smossa.
5 commenti:
ho recuperato il debito di post che non avevo letto...
io sono così,mi perdo ogni tanto. lo faccio anche con lo studio...poi però se mi ci metto riesco a fare miracoli,in poco tempo.
ed è così,ho letto gli ultimi tre post,e mi sono ricordata perchè siamo amici :)
o meglio,mi sono ricordata perchè quando dici che ti piace come scrivo,mi sento profondamente lusingata. e perchè sono troppo orgogliosa di essere uno dei tuoi due unici link.
insomma è un modo un pò contorto per dire che scrivi bene,che soprattutto l'ultimo post mi ha messo dentro un'ansia che solo uno scritto di buona qualità può suscitare.
quindi complimenti.
ti ricordo che ti voglio moltissimo bene,e non vedo l'ora di riabbracciarti.
un bacio
manu
Ciao Mr B! Manco a dirlo non posseggo ancora internet in casa, motivo per il quale queste righe vengono battute da casa dei miei genitori. Caterina è entrata ufficialmente in casa, per cui da stanotte inizia una convivenza che è quasi un esperimento, ovvero fai vivere un uomo e una donna che non hanno alcuna relazione al di fuori dell'amicizia, e vedi cosa succede. Per ora devo dire che la situazione è piacevole: soprattutto perchè prima la casa era grande e vuota, ed ora siamo in tre, non in due in quanto c'è anche Melvin, il simpatico golden retriever della saggia Caterina. Venerdì c'è stata una festa di laurea di un ingegnere che non conoscevamo in una megavilla da delirio, questi fuoriditesta proiettavano loro immagini su un muro alto una decina di metri e intanto servivano Negroni gratis a tutti, ci sranno state un centinaio di persone, stupendo, noi eravamo in otto, quattro hanno vomitato che bello!
A presto
g.
Una volta è successo anche a me, ma ero a Pisa presso un'amica normalista e sul muro proiettavano film di woody allen, cartoni animati di road runner (il fottuto beep beep) e foto amarcord, mentre tutti fumavano e bevevano alcolici gratuiti in ambiente tipo arabian style con tanto di stuoie e cuscinoni sotto un gazzebo raffazzonato senza giunzioni che io e un simpatico amico siamo riusciti a far stare in piedi solo grazie ad un oculato bilanciamento di forze e trazioni.
una volta a 11 anni conobbi un tizio a ponte di legno, c'ero andato non per sciare (non ne sono capace), ma per un corso di tennis della durata di due settimane. ci sono voluti 10 minuti per capire che nemmeno il tennis era il mio sport, alla faccia di woody allen e del suo match point.
comunque, 'sto ragazzo (federico, di milano... cazzo quante sinapsi sprecate) ebbe la brillante idea di catturare una cavalletta e infilarla in un formicaio. che perdita di tempo, pensai, la cavalletta farà un balzo e riderà di me, di te e di quei piccoli esseri neri che tra l'altro hanno pure un po' di peli sull'addome ma non te ne accorgi perchè sono minuscoli...
mai sottovalutare una angry (hungry?) mob.
la cavalletta cerca subito di zompettare via, ma le bastarde sono furbe: si avventano su di lei e le staccano le zampe posteriori.
e mo dove cazzo vai?
le staccano le ali, le sventrano l'addome e la finiscono decapitandola, il tutto in una manciata di secondi.
non mi ricordo a cosa ho pensato, però questo episodio non se ne va dalla mia mente, probabilmente non lo farà mai. o forse mi verrà un ictus in sede temporale mediale bilaterale e mi si fotteranno gli ippocampi, la mia memoria andrà a puttane e mi ricorderò solo quello che farò dalla guarigione in avanti...
mah.
Destino comune, di lucertole e donne allora. Entrambe destinate a sorridere e ad avere una coda a tutti costi. Le une vittime di una crescita obbediente ad un' inesorabile forma "damoclea" mentre le altre pure, costrette in un girone infernale di clinica, verso una pelle d'alabastro che le tramuta in indebitate pirandelliane e caleidoscopiche ambulanze. Dopo le crocerossin le infermierin di lattice. Ma dentro, non più solo peri reggi-c-a-l-z-e.
Legami legami.
Chiamami chiamami.
Mamma giuro che non mi farò più chiamare. Mamma ti giiiuro che non guarderò mai il sole. Non voglio certo diventare Galileo. Mamma non voglio certo essere una lucertola. Nè restare statua di cera photo di Dijistra ? sul bordo di questo andirivieni.
Sarò più grande del sole. Più serpentino di una coda, non ne avrò bisogno.
La vita più potente anche se meno spettacolare è salva?
Il principe deve essere golpe e lione. Or s-o-m-e-thing simil fac.
AmaYAYAnda
Sbatte a inarca la schiena.................................................................................................................
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