domenica, ottobre 22, 2006

Macropolitica (in musica) in microcontesto (ex Ancora)


- Giulio, se non ti vuoi ritratto qui, avvertimi -

Quasi le tre…

Le tre, in effetti.

Un enorme senso di solitudine, di estraneità, mitigato dalla provvidenziale presenza di persone che, per la prima volta, senza indugi, senza dubbi posso considerare amiche. Altri amici ho avuto, ma non è questo il punto. Dalla ferma opposizione a parole sprecate, usate senza cognizione di causa, all’uso consapevole.

Percepisco il rigetto di un ambiente che pur mi ha dato di sentirmi partecipe, lo percepisco e lo so interiore, non introietto. Il problema è mio.

Musica sopraffina. Da chi si è sempre limitato ad un ascolto casuale, a chi elabora e produce, a chi parla per mezzo di essa. E lo so, è un parlare ben più semplice, ben più diretto, ma non a tutti è dato, è natura, è grazie a dio/principio di casualità, non c’è formula che sintetizzi tanto.

Smettiamola di pensare comodamente che chi non ci accetta per come siamo è perchè non ci merita per com'è, perché non capisce il nostro valore. Troppo spazio c’è nell’esistente perché si pensi ad un bene unico, ad un'unica desiderabilità, ad un’unica giustizia. Tanti sono i desideri, e tutti pari, e con essi l’oggetti desiderati, ad ognuno il suo e per ognuno ciò che è maggiore in interesse ed in desio.

Mi dolgono gli occhi e lacrimano. Il mio desiderio trova l’oggetto lontano nel mondo fisico e soluzione alla solitudine costitutiva in null’altro che quello. Ti so lontana e ti desidero, maggiormente ora che penso tu possa aver forma. Ora deliro e dovrei tacermi e consumare le forze in agire fisico, fino a stremarmi. Sono già stremato.

Parlo come non vorrei, ma io sono figlio della mia epoca, della mia classe, della mia insicurezza, delle mie scuse…troppo sociologico anche in questo, scrivo per me e per me solo, e fors’anche per chi mi vuol penetrare e comprendere, altrimenti per nessun’altro e se dev’essere, sia così.

E ancora parlo, non pago, ancora sciorino pensieri, parole, opere e omissioni, ancora indico una retta via che, per quanto aggiornata, per quanto riveduta e corretta non va bene per me, non mi guida, non mi da stabilità né certezza.

Identità o integrazione, non è solo un problema degli immigrati (ma io sono un immigrato, seconda generazione calabro-sicula). La risposta sarebbe identità e integrazione…serenità, semplicità, tranquillità.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

no problem bruno :-)

Anonimo ha detto...

Come al solito non so cosa replicare a Bruno: voi avete qualche album dei Duran Duran? Spero che abbiate almeno Rio, perchè è necessario per capire quello che sto per scrivere. Last ( monday ) on the stairway: nella piccola, inestimabile perla duraniana, alla parola monday si sostituisce chance, ma, come noto, invertendo l'ordine degli addendi il risultato non cambia. Sempre di quello si parla: di quell'ultimo momento in cui potevi fare qualcosa, che poi hai fatto o non fatto. E se per Simon Le Bon e soci, si parla di "ultima chance" in un incontro notturno con una immaginaria new romantic, per me, abituato a volare basso, si parla dell'ultimo lunedì in via Reinach 8. Via Resnick, vicino a via Maràt. Non so quanti traslochi abbiate fatto nella vostra vita, ma per me questo è il terzo, ed il primo ero troppo piccolo per ricordarlo ( e guarda caso, era da via Maràt 68, a via Resnick civico 8 ) dato che era il 1985. Ora si va ad abitare in via Bizanti 1, proprio dietro a Piazza Massoni e dalle parti del quartiere degli anatomopatologi, pregevole esempio di riuscita speculazione edilizia ai danni di nessuno.
A presto

g.