- Ecco la seconda parte. Sicuramente non è quello che molti tra coloro che hanno letto la prima si aspettavano e sicuramente non sarà l'ultima parte, ma mi è venuto da scriverla ed è uscita così. vedete un pò voi se vi piace e poi fatemi sapere nei modi consueti. PS: mi sono accorto di vari errori nella parte precedente, soprattutto ripetizioni e punteggiatura. Andrò correggendoli, anche se non ora che ho sonno -
- Cazzate! E’ solo che non l’ho ancora trovata come la voglio!
- Sei tu a dire cazzate, ti spari di quei viaggi assurdi! Ogni volta che ne trovi una che ci si avvicina...trac! Rivedi la cosa al rialzo. La verità è che sei un cacasotto. Guarda che comunque non c’è nessun problema, se vuoi continuare ad aver paura delle relazioni fai pure, basta che lo ammetti a te stesso.
Alberto guardò l’amico con sufficienza: di critiche di quel genere ne aveva ricevute in abbondanza, ma recedere dal suo fermo convincimento non era opzione possibile.
- Forse a te fa piacere raccontartela così, a te basta “accontentarti” perché credi non valga la pena aspettare per ottenere ciò che veramente si desidera. Beh è un problema tuo, se io la incontrassi saprei che è lei ed ogni altra discussione, pensiero, paranoia sarebbe superflua.
Francesca che fino a quel momento era rimasta concentrata sulla guida, non potè esimersi da un commento, sentendosi lei stessa indirettamente colpita.
- Mi spiace dovertelo dire ma penso anche io che ti stia nascondendo dietro ad un dito. Parli di “Lei” come se fosse una persona concreta, ma invece sta solo nella tua testa e non pare tu le voglia dare nessuna chance per concretizzarsi. Prendi Roberta: è carina, intelligente e simpatica, che cazzo ti è passato in testa di piantarla così?
- Si, si, era tutte quelle cose, senz’altro, ma mi si abbandonava troppo, perdeva ogni inziativa…
Riccardo era veramente infastidito: ascoltava Alberto dire idiozie sulla sua donna ideale ormai da troppo tempo, parlargli era inutile, tanti e tali erano i cavilli logici dietro cui si barricava che era impossibile fargli venire un qualsivoglia dubbio. Aveva una gran voglia di spaccargli quella testaccia dura.
- Porca troia! Ma è possibile che ti debba sentire dire sempre le stesse stronzate!?!? Le piacevi e non mi pare che lei “si fosse annullata in te” o cazzate del genere, cercava solo di avvicinarti, ma figurati, tu sei troppo delicato, troppo sofisticato per dare confidenza ad un essere umano del sesso opposto. Continua così e comincerò a pensare che sei gay!
Francesca che, avendo deciso di lasciare perdere quella contesa, scontata in partenza, ascoltava della discussione un brano si e uno nò,
- Che c’entrano adesso i gay, ma è possibile che voi maschi la dobbiate fare finire sempre con manifestazioni di omofobia da parata e machismo da accatto?
- Cazzo Francesca puoi evitare? Guida cristo! Guida! Stiamo parlando io e lui, puoi farti i cazzi tuoi per una volta?
Riccardo avrebbe pagato quel suo eccesso, ma Francesca decise che non sarebbe stato quello il momento. Prese l’adeguato appunto mentale e tornò a concentrarsi sulla guida con una faccia che prometteva niente di meno che qualcosa di piacevole come una ceretta inguinale.
Alberto, annoiato dall’essersi trovato per l’ennesima volta a spiegare la sua filosofia riguardo i rapporti di coppia, si perdeva con lo sguardo a seguire i profili morbidi di colline verdi sotto il cielo grigio che instancabile rigurgitava mestizia invernale, particolarmente fastidiosa quando hai il cervello in loop su qualcosa che non ti torna.
Infondo dimostrava, su quei discorsi, più sicurezza di quanta realmente ne avesse. Va bene mantenersi fedeli alla linea, ma di tempo ne era passato veramente troppo e l’idea che fosse lui a decidere che non doveva viversela bene, in attesa di una ragazza che ovviamente non poteva esistere, visto che lui stesso faceva in modo che non esistesse per non rischiare di essere felice, lo stava tormentando sempre più spesso.
Il vociare collerico dell’amico divenne un sottofondo indistinto con la radio, il rumore del motore e dei clacson delle macchine in coda. L’unico suono che veramente ascoltava era quello dello scrosciare intenso della pioggia sui vetri appannati che, del panorama, sempre meno concedevano ai suoi occhi distratti, diagonale, lui, sul sedile posteriore della lancia ipsilon.
Si accese una sigaretta, più per noia che per concreto desiderio. Certo, avrebbe pure potuto sfilare dallo zaino “I pilastri della terra” di Follet, gli mancava poco per finirlo e il romanzo lo avvinceva molto, ma era preso da un attacco acuto di noia esistenziale totale e qualsiasi altra cosa, a parte rimuginare, gli pareva insopportabilmente pesante.
Il vento gelido, dopo pochi minuti, faceva sembrare naso e orecchie corpi estranei, pronti a cadere a terra frantumandosi al primo strattone. I pochi futuri passeggeri di treno che condividevano il marciapiede del binario uno con lui cercavano riparo dalle raffiche dietro alle quadrate colonne della pensilina.
Un ragazzo armeggiava con un accendino da cinque minuti buoni, senza alcuna fortuna, accumulando rabbia ad ogni scintilla. Una ragazza fissava un opuscolo senza minimamente vederlo, con la faccia triste che puoi avere solo d’inverno, solo se fa freddo e tira vento. La segretaria della segreteria studenti, con la minigonna e i collant neri, seduta sulla panchina, dondolava le gambe annoiata pensando, forse, a quando, anni fa, non le riusciva così difficile sentirsi carina vestita in quel modo.
Alberto contemplava quel mondo buio, crepuscolare, con la superiorità di chi sa quello che vuole, ma contemporaneamente affascinato come chi osserva qualcosa di evidentemente fragile che gli ricorda una fragilità propria, spesso maldestrampente celata.
La ragazza con i corti capelli castani, il nasino impertinente e i profondi occhi azzurri…forse…no, in realtà no, troppo tirata, sicuramente fighetta, magari anche intelligente, ma sicuramente più superficiale, troppo legata ad un’estetica scontata per poterlo apprezzare, per poter cogliere la sua interiorità.
Una mora, appoggiata alla colonna sotto i tabelloni elettronici. Sembra aver carattere, ed ha pure un fisico mica male: guarda che tette…ma no, troppo indipendente, troppo sicura: ok una ragazza che non si faccia schiacciare, che non annulli la sua personalità nel rapporto, ma una così! Che cazzo poteva offrirle? No, sicuramente per lei ci voleva uno molto sicuro di sé e lui, Alberto, di certo non lo era abbastanza, non per lei.
Quell’analisi delle possibilità, scontata negli esiti, andò avanti per non più di dieci minuti, poi arrivò il treno e con esso l’improba scelta tra carrozza frigorifero e carrozza inferno con battiscopa arroventato in grado di squagliare suole di gomma. Il viaggio si sintetizzò in un sonno untuoso ma stranamente riposante, seppur breve.