Singolare…
Cresciuto con l’idea che la cultura fosse una cosa importantissima, forse tra le più importanti, mi ritrovo ignorante.
Non parlo della condizione assoluta, tutti siamo ignoranti rispetto ad un’infinità di cose, parlo di quella relativa.
Fino alle superiori (e i primi due anni di università) ho deciso che la mia vita era una merda e che l’apatia e l’autocommiserazione dovessero essere la mia via. C’era pure una buona dose di vittimismo a 360° e di pensiero autodistruttivo in loop.
Per tanto tempo mi sono concentrato sul mio mondo interiore, arrivando a giustificarmi pensando che quest’ultimo è infinito tanto quanto quello esteriore e, addirittura, che dentro di me potevo trovare tutto e che non c’era bisogno di dedicarmi a quello che avevano cercato altri fuori. Non ci ho mai creduto davvero, ma mi faceva comodo.
Avevo anche una gran paura del confronto: dopo essermi sentito dire all’infinito da piccolo che ero intelligente e dopo aver realizzato che, se questo era vero, non mi aiutava gran che nelle relazioni con il resto del mondo, per crederlo dovevo impedire a chiunque e a qualunque cosa di negarlo.
Il risultato di tutto ciò è stato che a scuola mi sono sempre limitato a galleggiare, studiando occasionalmente il minimo, usando ogni minimo fallimento come alibi e preoccupandomi più di coltivare l’ansia da prestazione che di impegnarmi per affrontare le prove che mi si ponevano di fronte o di dedicare realmente alla cultura quell’attenzione che, secondo i valori inculcatimi, avrebbe dovuto avere.
Cominciando sociologia le cose sono un po’ migliorate, ma solo un po’. L’avvicendarsi degli esami era troppo veloce (tutti tre crediti) e quello che mi infilavo in testa, poco dopo svaniva e restavano solo plichi di riassunti fatti a computer, tanto più che non sono nemmeno stato costante nello studio.
Il risultato finale è che sono una “spugna”. Assorbo informazioni raccattate da ogni dove (internet, libri, tv) sugli argomenti più disparati (storia dell’assenzio, salti prigoginici, ecc.), ma si tratta di conoscenze occasionali e superficiali, prive di un filo conduttore, non organiche, tali che posso parlare solo con chi non ne sa niente e limitandomi molto. Per quanto riguarda la sociologia stessa, ho idee di fondo molto generali e qualche raro sprazzo di conoscenza più specifica.
Me ne rendo conto benissimo e sono anche cambiato nel tempo, ma spesso, troppo spesso, continuo a limitarmi a preoccuparmene, senza agire di contrasto.