giovedì, luglio 21, 2011

Delirium in mnemonium



Eco di voci antiche... non molto, ma abbastanza...

Una regressione improbabile, impossibile visto l'inevitabile persistere dell'entropia.

Patetico?

Probabilmente, eppure immagino che in certa misura faccia parte della prassi, quantomeno per chi affronta il cambiamento come inevitabile avvenimento antagonistico.

Tant'è...

Liberarsi di vincoli esterni, eteroimposti, solo per avere la libertà di indossare un giogo che ti sei imposto da te: come dire, liberi di scegliere le proprie catene.

Il punto è che la libertà è sopravvalutata e sottostimata. Sopravvalutata in termini generali, sottostimata rispetto al costo che comporta il goderne.

L'alcol assunto ha raggiunto un livello che da tempo non toccavo.

Chiarezza di pensiero? annullamento di svariati strati di programmazione sociale?

Mi torna in mente una sera inattesa, una conoscenza non preventivata, piacevole.

Può un simile evento mettere in dubbio la strutturazione all'un tempo predefinita e con desiderio, fatica e sofferenza, costruita?

La risposta, soggettiva, sembra essere "no": immagino che rientri in schemi già scritti la paura dei vincoli, delle sclerotizzazioni, a prescindere dalle personali attitudini, che possono, al massimo, modificare l'entità di questa paura, non la sua presenza.

Il punto è che chi vive nel regno del timore, pur brandendo certezze volute se anche non previste, ogni evento è alla mercé del fato, degli eventi.

Ora mi devo fermare..

Il loop rimanda a posizioni vuote, a ronzii non significabili, ora come ora.

Aggancio.

Alla prissima; la presenza di questo post rassicura rispetto alla possibilità di un'ulteriore post.

Boommmm!!!!

Non ho capacità per limare, definire, scrivere altro



martedì, maggio 03, 2011

Pretese egocentriche



Soundtrack - Frankie Hi-Nrg MC - Il beat come anestetico -


Immagino che a tutti sia capitato di sentirsi, chi più chi meno, speciali.

A me ogni tanto capita. Più che sentirmi, di fatto, speciale, desidero esserlo.

Sarà per troppo amore materno, sarà per troppi film / libri con il protagonista che è l'unica speranza per un mondo ormai agli sgoccioli (soprattutto fantascienza), sarà per egocentrismo (che potrebbe comunque essere motivato da quanto sopra), non lo so.

So che capita.

Ora non capita più come capitava da adolescente, allora la cosa si configurava proprio in termini romanzeschi, quantomeno a livello di vagabondaggio mentale.

Ora no, ora il tutto si è piuttosto ridimensionato a termini molto più reali, più concreti, cose tipo riuscire a mettere insieme una vita adulta che funzioni, che dia qualche soddisfazione (sentimentale, professionale, ecc...), che conceda, di quando in quando, qualche sprazzo di felicità e soddisfazione.

La differenza essenziale, data dalla concretezza acquisita da questo desiderio, sta nel fatto che si tratta effettivamente di cose alla portata di un normale essere umano (che abbia la fortuna di essere nato nella parte del mondo dove cose simili sono effettivamente accessibili), cose che dipendono in larga parte da me e dal mio operato, non dal fato, dalla predestinazione, da chissà che di trascendente.

Questo implica il mettersi alla prova, il misurarsi, lo sperimentarsi, l'esporsi in prima persona, il compiere scelte, l'agire.

Il punto è che, in circostanze simili, si può anche fallire, mentre il destino non fallisce, è destino e basta.

Stringendo, la prima cosa con cui devo misurarmi è la paura, la paura di fallire, di perdere, di non essere, non tanto straordinariamente speciale, ma nemmeno normalmente speciale, dove per speciale si intende più specifico, capace di trovare la propria strada peculiare, più che eccezionale, notevole, unicamente unico.

Beh, c'è tanto lavoro da fare: con la paura non ho mai avuto un buon rapporto, probabilmente a causa di aspettative troppo alte dovute ad un eccessivo amore materno...

Una ragazza spigliata...




FRAMMENTO A003 - PSICOSONDA ALPHA - SOGGETTO I-PA-96

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Tabacco Kalassiano. Costa un occhio ed ha impiegato mesi ad arrivare, ma ne vale la pena, non puoi trovare di meglio per una bella fumata riflessiva.

Quello che potevi trovare era un momento migliore. Talia entra nel locale proprio mentre stai accendendo, Lucash la saluta rispettosamente e lei lo ignora. Prende le scale per il ballatoio e con quattro falcate è li, davanti alla tua scrivania e ti fissa.

- Mi chiedo per quale fottuto motivo devi essere sempre così… approssimativa.

- Ciao Tali, accomodati, gradisci qualcosa da bere?

- Non dico che non devi portare avanti i tuoi affari… ma per l’Imperatore e la Matriarca sua Sposa! Cerca almeno di tenere un basso profilo!

- Tengo sempre un basso profilo.

- Non mi sembra che organizzare un rave nell’impianto dismesso della stanza 116 e vendere psicotropi ricreativi extramondo possa essere considerato “tenere un basso profilo”.

- Questione di punti di vista. Ho solo fidelizzato la clientela.

- La clientela dovresti anche selezionarla. Comunque sono venuta a dirti che sei urgentemente richiesta presso l’Ufficio di Presidenza… e questa è una convocazione ufficiale. Spero che tu riesca a cavartela anche stavolta. Ringrazia la Madre…

- …Perdona la figlia.

[…]

L’edificio che ospita gli Uffici Commerciali del Settore Aspis si trova nella Stanza 416, Testa dell’Aspide. È alto al punto che connette pavimento e soffitto e ampio tanto che i suoi quartieri abbracciano l’intero volume della stanza.

Dall’identificazione ai cancelli perimetrali all’arrivo presso la segreteria dell’Ufficio di Presidenza passa solamente un’ora e mezzo. L’urgenza della convocazione comincia ad essere preoccupantemente manifesta.

Stai pensando intensamente alla sigaretta già arrotolata nella tasca superiore interna della giacca. Tabacco aromatico di Piscina IX, una delizia, ti scivola in gola carezzevole, ti sale al cervello tranquillizzante. Niente di meglio.

L’altissimo portale a doppia anta di nero lego-cristallo si apre scorrendo su guide ben lubrificate e la figura esile della Prodomina Valliris appare, incorniciata nel rettangolo luminoso dell’uscio. Davvero una bella donna, non c’è che dire. Certo, ti devono piacere gli impianti a vista, ma l’ocularis machina, il cogitator gratia, la manus scribendi e gli altri incrementi cibernetici erano stati rifiniti, nella loro estetica, da Selleria de Az, sicuramente la più abile bioscultrice in tutti i territori della Casa Esher, probabilmente in tutta Necromunda, sistema solare compreso.

- Mia cara, ben arrivata. Inutile dirti che avrei preferito vederti in circostanze diverse.

- Mia Signora.

Ti inchini rispettosamente. Nella scala gerarchica del settore, la Prodomina è formalmente la seconda, di fatto c’è chi dice che la sua influenza sulla Domina Mater Galena Zigler, Amministratrice Delegata delle Industrie Aspis e Prefetto dell’omonimo settore, sia divenuta tale che, di fatto, ne occupi il vertice.

- La Domina Mater ti riceverà a breve. Ti consiglio, figlia mia, di tenere un basso profilo, di essere rispettosa e remissiva, soprattutto concentrata e attenta, in modo che tu possa imparare il più possibile dai tuoi errori, senza patire eccessivamente.

- Umm è la seconda volta che mi danno questo consiglio oggi…

- Cosa?

- Nulla mia Signora, nulla, perdonatemi mi capita spesso di ragionare ad alta voce.

- Comprendo. Parimenti…

Un assistente in livrea si avvicina, si inchina e mormora qualcosa all’orecchio della Prodomina, sporgendo appena il busto in avanti. Un maschio Esher. Vista la mansione che gli era stata assegnata, era stato scelto per il bell’aspetto e probabilmente le sue facoltà mentali, a differenza di quelle della maggior parte dei rappresentanti del suo sesso entro la Casa, si elevavano al di sopra di quelle di un’ameba e forse anche di un gigaratto. Sicuramente, però, non si distingueva dagli altri per costituzione, resistenza fisica e longevità.

- Figlia, la Mater Domina è pronta per riceverti, entra pure.

Un gesto rapido con la mano ed una sezione della parete scivola di lato con un soffio appena percettibile, oltre l’ufficio della Domina.

Muovi un passo all’interno e la luce ti abbacina. Proviene da tutte le direzioni è diffusa e bianchissima. Gli occhi si abituano e ti rendi conto che la luce è prodotta da ampi pannelli sulle pareti e sul soffitto altissimo. La stanza ha forma ellittica ed è molto ampia, l’asse maggiore misurerà approssimativamente trenta metri, quella minore, approssimativamente sette.

L’ingresso è su un lato lungo. Lo spazio in prossimità dei fuochi è occupato da due salottini con poltrone, divani, chaise longue, separé e mobilia ornamentale varia. Sulle aree delle pareti non occupate dai pannelli luminosi, campeggiano quadri, arazzi ed ologrammi; lungo il perimetro della stanza, ad intervalli regolari, sono posizionate statue marmoree, busti su alti piedistalli ed ologrammi più grandi. I soggetti delle rappresentazioni sono comuni: membri illustri della Casa Esher, personificazioni delle virtù, scene di battaglia, di vittoria, di commercio. Il colore principale è il bianco, arricchito da fregi dorati ed argentati, con l’unica eccezione del drappo appeso dietro la scrivania, recante il blasone della Casa, giallo e viola, e, più piccolo, quello della Linea Matriarcale Zigler, con l’aspide trafitto da uno stiletto, in verde e rosso.

Sul lato opposto c’è un ampia scrivania, ai fianchi, due imponenti statue marmoree rappresentanti guerriere Escher dall’alta cresta, nude, armate l’una di un pesante eviscerator, l’altra di pistola laser e spada ad energia.Tale è la qualità della scultura, che i singoli muscoli sembrano congelati in un movimento eterno: le due gigantesse di pietra paiono pronte a caricare con furia indicibile, catturata dalle espressioni dei loro volti imperituri, chiunque entri nella stanza. Inutile dire quanto la cosa non ti metta a tuo agio.

Alla scrivania, intenta in misteriose attività supportate da un Cogitator Major di cui è visibile solo l’interfaccia ed il cui corpo enorme è probabilmente nascosto sotto il pavimento, La Domina Mater Zigler. Lei e la Valliris sono come il giorno e la notte: dove quest’ultima è esile nel corpo e pacata nei modi, la prima, nonostante l’età probabilmente non più giovanile, ha un fisico da amazzone, alto e muscoloso, per quanto, comunque, femminile, ed un temperamento irascibile ed irrequieto, tanto evidente da poter essere percepito anche nei suoi momenti di apparente calma.

- Figlia mia…

- Mia Domina, i miei omaggi.

Non ti invita ad accomodarti, ti lascia in piedi ad un metro circa da lei, proprio sulla traiettoria dell’eviscerator della marmorea guardiana.

- Avete forse già un idea del motivo che vi ha condotto alla mia presenza. Con disappunto, ho ricevuto l’ennesimo rapporto che vi vede protagonista di attività contrarie agli interessi della Casa…

- Mia Signora, con tutto il rispetto, ma ritenevo che il commercio fosse il principale interesse della Casa…

Il velo di apparente calma viene lacerato dall’improvviso tifone della sua rabbia. Si alza in piedi. Il suo pugno si abbatte come un maglio sulla scrivania che scricchiola in modo preoccupante. I suoi occhi verdi e scuri sono una promessa di annichilimento e si piantano rapaci nei tuoi. Sulla fronte una vena pulsa pericolosamente e sembra volere esplodere.

- TACI! Presuntuosa, stupida, impertinente!! Osi pure ribattere!? Il commercio è l’attività attorno alla quale la Casa è nata, certo, ma le fondamenta sulle quali la casa si erge sono i suoi valori!! Per il Sempiterno Imperatore e la Sua Furente Sposa! Hai commerciato con la feccia! Hai commerciato con il Cartello Rodin, cani rognosi al guinzaglio dei GOLIATH!!! I GOLIATH! Un nome talmente disgustoso che il solo pronunciarlo mi nausea e mi riempie la bocca di bile. Sordidi scimmioni, bestie decerebrate che apertamente disprezzano ed umiliano il principio femminile, che trattano le loro donne come e peggio di schiave, prive di ogni dignità, di ogni diritto, che le violentano, le brutalizzano, spesso fino ad ucciderle! Possano le fauci del Divoratore chiudersi su tutti loro! Possano i suoi visceri digerirli in eterno, straziandone e consumandone le carni con acidi voraci!!!

L’ira la fa tremare ed ansimare. Sai che, per tua fortuna, quell’ira è evocata dal solo nome del nemico più odiato e che quindi non è tutta destinata a te. D’altro canto, sei tu il motivo per cui quel nome è stato pronunciato ed è inevitabile che questo porti conseguenze.

Si gira voltandoti le spalle, le braccia dietro la schiena, una mano che tiene il polso dell’altra. Rimane in silenzio per svariati minuti. Tu fai lo stesso, non ti viene in mente nulla di più intelligente da fare.

Senza girarsi, ricomincia a parlare.

- Sei bandita. Dovrai lasciare Hive City, raggiungere l’Underhive e non fare ritorno senza il mio assenso, qualora decidessi di concederlo. Li agirai per gli interessi della Casa. Fino a nuovo ordine non potrai risiedere presso i possedimenti Esher e ti recherai presso la Responsabile del più vicino acquartieramento solo per fare rapporto ed, in ogni caso, una volta ogni mese per ricevere eventuali consegne. Hai trovato di tuo interesse mischiarti alla feccia, dunque ora sarà questo il tuo incarico: sarai un informatrice. Quello che non può essere tollerato qui, può essere ignorato in quegli abissi. Agisci pure come credi, fa prosperare i tuoi commerci se ne sei in grado, ma non osare mai operare a danno della Casa. Questo non verrà tollerato! E non ci sarebbe oscuro recesso ove potresti nasconderti dalla mia furia, non c’è alcun posto dove le Adepte della Furia non arrivino. Ho dato disposizione perché la Magistra Talia delle Lingue Taglienti provveda a trovare una vicaria che gestisca le tue attività perdurante l’esilio. Oh parlato. Sei congedata. Devi lasciare il settore entro domani.

Capisci che non dirà altro. Capisci anche che è meglio che tu non dica altro. Ti inchini, saluti come da protocollo e, facendo tre pasi indietro prima di voltarti, lasci la stanza.

- Figlia mia. Non ho potuto mitigare oltre la Sua Ira. Considera quella che ti si pone come un’opportunità so che sei grandemente abile, abbi cura di te, ambientati, estendi una rete di contatti, ascolta, annota, ricorda e riferisci, non solo ciò che è evidentemente di interesse per la Casa, ma anche quanto colpisce la tua attenzione e che attrae il tuo intuito. Ora va, che la benedizione dell’Imperatore Signore dell’Umanità e della Sua misericordiosa Consorte possa avvolgerti come un manto.

La Prodomina si sporge e ti bacia la fronte. La ringrazi con un cenno del capo. La saluti e ti dirigi verso l’uscita, senza aspettare di essere fuori per dar fuoco al tabacco.

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Vocazione


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La marcia silenziosa dei confratelli si arresta nel grande salone del Capitolo. Ognuno raggiunge il posto assegnato come da istruzioni. Il Maestro dei novizi, Fratello Palagus ti ha voluto in prima fila, al centro dello schieramento. Ricordi distintamente quanto ti è stato detto la sera prima:

Sua Eminenza, l’Arcievangelizzatore Kaspar Ruhm deve essere persuaso che i giovani che il nostro convento propone come missionari sono più che degni di assolvere al loro importante compito, con la grazia ed il sostegno della Divina Volontà del Santissimo Imperatore.

Queste sacre mura hanno una storia antica ed onorata che abati scellerati ed usurpatori del Santo Mandato hanno quasi del tutto disperso. Ma la Provvidenza Divina ci ha mandato un uomo la cui tempra saprà ristabilire il buon nome dell’Abazia di San Demetrius.

Il Reverendo Abate Cornelius si è raccomandato grandemente con me perché inculcassi ai novizi la ferrea disciplina ed il severo rigore che fecero del nostro Ordine uno tra i più riveriti Ordini Missionari di tutta l’Umanità. Così ho fatto, ho portato il vostro Spirito Immortale al calor bianco, l’ho percosso con il maglio della fede fino a dargli forma compiuta, infine, l’ho temprato nella gelida purezza della Volontà.

Di tutti gli uomini che sono rinati nella luce dell’Imperatore Dio nostro, tu sei il più promettente figlio mio, la tua perfezione nella vocazione è per me motivo di peccaminoso orgoglio ed innumerevoli sono le volte in cui, per questo motivo, ho dovuto mortificare la carne. Il Reverendo Abate concorda con la mia valutazione. Per questo motivo, guiderai i tuoi fratelli durante la cerimonia di domani e ti porrai alla loro testa durante la benedizione.

Sua Eminenza Ruhm potrà verificare l’incrollabile dedizione dei nuovi servitori della Sacra Parola che questo Venerando Tempio offre al Santissimo Imperatore.

Il portale laterale dietro il palco si apre. L’imponente figura dell’Abate sorregge quella più esile e curva del vecchio Arcievangelizzatore, dietro di loro quattro membri della Confraternita dei Martiri Benedetti, coperti da una tonaca bianca con un teschio in fiamme sormontato dall’Imperator Signum radiante luce cucito sul petto.

L’Arcievangelizzatore è anziano e gracile. Mentre la voce tonante dell’Abate rimbomba nella grande stanza, rimane appollaiato al pastorale, gli occhi ridotti a due fessure.

L’Abate termina, preannunciando l’intervento dell’alto prelato. Ruhm si riscuote e sembra pervaso da un’energia sotterranea. Reggendosi al bastone copre la distanza che lo separa dal pulpito. La sua voce non è potente come quella del suo predecessore, almeno, non lo è in termini fisici: nonostante egli non urli, le sue parole arrivano distinte e chiare.

Con forte emozione, ti senti pervadere da un calore interiore che mai hai provato. Quella voce è la voce di un uomo che ha camminato, saldo nella fede, per anni, forse per secoli. La sua saggezza ha lo stesso spessore che puoi percepire durante la lettura degli Antichi Testi, ma il suo argomentare è vivo e palpitante. È certamente l’Imperatore, Patrono dell’Umanità, che si manifesta presso le sue labbra.

L’alto prelato percorre l’intera sala, le file di novizi allineati, con occhi resi ciechi dagli anni, ma in grado di scrutare le anime, illuminati dalla Fede. I suoi occhi si fermano su di te e ti senti schiacciato da quell’uomo curvo che ora, al tuo sguardo, sembra giganteggiare circonfuso di luce accecante. Senti che egli, e l’Imperatore attraverso di lui, ti chiama al tuo Sacro Compito.

La voce nella tua mente squassa ogni coscienza. Cadi in ginocchio soverchiato dall’estasi, mormorando lodi all’Altissimo.

Quando riprendi consapevolezza di ciò che ti circonda ti trovi negli appartamenti privati dell’Abate. Sei in piedi, davanti al seggio nella sala delle udienze. Rhum vi è assiso, alla sua destra Cornelius, alla sinistra Palagus, dietro di loro i quattro membri della confraternita.

Subito ti lasci cadere nuovamente in ginocchio.

- Figlio mio, la tua trance è segno. L’Imperatore stesso ti chiama. Sulle tue spalle grava la salvezza di milioni di anime. Il tuo compito, la tua Missione non ti porterà, come invece i tuoi confratelli, presso i limiti temporali del Suo Regno, che nello spirito non ha confine.

Il corpo dell’uomo è limitato ed imperfetto, una prigione per la sua anima, ma anche un tempio dove l’anima si prepara all’ascensione, e solo quando è pronta può lasciarlo. Per questo l’Imperatore Dio nostro, nella Sua Imponderabile Saggezza ce ne ha fatto dono. Il corpo dell’Imperium è malato figlio mio, esso è infestato da ulcere cancerose che ne minano la forza, ne indeboliscono la tempra che lo espongono alla mercé del Nemico nelle sue molteplici manifestazioni.

La Santa Inquisizione è la lama rovente che cauterizza dopo aver mozzato l’arto in cancrena. Gli zelanti guardiani dell’Ordo Ereticus vegliano sull’Imperium ogni istante, ma essi sono strumento della Sua Ira, della Sua Giusta Furia. Noi siamo strumento della Sua Sapienza, della Sua Benevola Compassione e della Sua Luce che è guida per le anime.

Per questo motivo tu, figlio diletto, non lascerai questo pianeta, tu scenderai nei suoi recessi e porterai la luce a coloro che, pur trovandosi nel Suo Grembo, l’hanno smarrita. Vivrai con loro, parlerai con loro, li conoscerai e ne farai fedeli ferventi non già con la forza dei tuoi muscoli, ma con la fulgida ragione e con le opere che, ispirate dal tuo Santissimo Patrono, sapranno riportare i puri, che vivono per ignoranza nel peccato, alla cospetto del Suo Sguardo.

Alzati ora figlio mio diletto, accetta la mia benevolenza e la mia benedizione, in Nomine Domini Nostri Imperator Umanitatis…

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martedì, aprile 26, 2011

Intoccabile




FRAMMENTO A001 - PSICOSONDA ALPHA - SOGGETTO I-PA-98

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Superi l’uscio, silenziosamente. Ti accorgi quasi subito che non servirà. È sveglio ed è ubriaco fradicio… come sempre.

Quando compare ti sbraita qualcosa, non capisci, ma non importa perché non ti ha ancora riconosciuto. Si ferma a fissarti per qualche minuto, poi barcolla verso di te reggendosi a tutto ciò che trova nella stanza.

Ora senti il suo fiato fetido e umido sul volto. Pensi che potresti svenire, ma non succede, sei perfettamente cosciente quando inizia a percuoterti. La scusa è la solita: in fabbrica ti fai pagare troppo poco, porti pochi soldi a casa e il tuo povero padre malato non riesce a comprarsi abbastanza medicina. È una scusa, ovviamente, non rinuncerebbe a batterti nemmeno per tutti i Troni dell’Imperatore. D’altronde hanno pestato lui, probabilmente le guardie della Casa, gli Enforcer, altri balordi.

Cambiano ogni volta, ma l’esito è sempre lo stesso. Non gli fanno troppo male, al massimo gli rompono qualche osso di quando in quando, ma vogliono che torni, ci si divertono con quel vecchio ubriacone. Solo che lui non riesce a reggere l’umiliazione, deve provare a se stesso che non è l’ultima nullità dell’Alveare. Non trova miglior modo di rifarsi su di te, suo figlio.

O almeno, questo è quello che hai sempre saputo, ma infondo non gli assomigli, per niente. Forse assomiglia di più a tua madre, forse, ma nemmeno sai che faccia abbia: a quanto ricordi non l’hai mai vista. Di fatto i tuoi ricordi si fermano al piccolo tugurio dove vivi, all’omuncolo squallido che l’abita con te quando non è in giro a bere, alla fabbrica titanica dove trascorri la maggior parte del tuo tempo, da quando hai imparato a reggerti in piedi fino ad oggi, ai vicoli oscuri e fetidi delle Aule del Crepuscolo.

A te però, di tutto questo non è mai importato nulla. Hai sentito sempre tutto lontanissimo. Dentro sei vuoto e freddo. Dolore, sofferenza, squallore, violenza, crudeltà, miseria, abiezione… etichette vuote, prive di ogni significato. L’esistenza è senza scopo, l’unica certezza è che giunge ad un termine, non devi far altro che aspettare.

Aspettare, aspettare che smetta di berciare, che le sue nocche imprecise ma pesanti smettano di abbattersi sui tuoi zigomi, sulla bocca, nello stomaco, aspettare che si sia stancato. Quando finisce strisci nell’antro dove sta il tuo giaciglio, ti ci sdrai e scivoli rapidamente in un sonno privo di sogni.

Apri gli occhi, ti ha afferrato per il bavero e ti scuote bruscamente. Quando si è accertato che sei cosciente comincia a parlare. È più sobrio ora ed ha l’espressione più patetica e più malinconica del solito. Ti dice che qualcuno, di la, ti sta aspettando, che dovrai alzarti ed andare con lui, che il tuo povero padre malato non si può più permettere di mantenerti.

Razionalmente comprendi quanto siano paradossali queste affermazioni, se esistesse dentro di te la minima traccia di senso dell’umorismo, rideresti, rideresti di gusto. Ma ti limiti ad ascoltare, imperturbabile.

Mentre parla non ti guarda in faccia. Probabilmente l’ultimo residuo di senso del pudore. Lentamente ti alzi dal giaciglio, raduni le poche cose che sono tue, tue solo perché nessun’altro potrebbe desiderarle, ti metti addosso la logora giacca di pelle che ti accompagna da quando non riuscivi a riempirla che per metà.

Senza dir nulla, lo superi. Sulla porta, sotto la fioca luce intermittente di una barra luminosa azzurrina si staglia un’alta, scura figura avvolta in una cappa nera. Entro il cappuccio, un pozzo di oscurità. Da quei recessi, poche parole sibilate. La voce gelida si limita ad una breve esortazione. La figura si gira verso l’uscio.

Ti avvii per seguire il tuo anonimo accompagnatore. Quando, alle tue spalle, senti l’urlo di tuo padre. Dice che ci ha ripensato, che non vuole separarsi da suo figlio, che restituirà tutti i troni versati.

Ancora una volta, l’uomo sull’uscio ti sibila l’esortazione. Ancora una volta, fai per seguirlo, anche se con un attimo di esitazione. È la prima volta, da quando ricordi, che la parodia di uomo che legalmente è tuo padre ti riconosce la qualità di figlio.

Quando torni a girarti verso l’uscita, nuove grida ti raggiungono:

Maledetto! Maledetto!! Me l’hai portata via! Me l’hai portata via nel modo più atroce! Le hai divorato l’anima, l’hai privata della luce dell’imperatore! Sei un mostro, un mostro senz’anima! Come puoi andartene?! Me l’hai rubata, lei doveva restare con me, tu me l’hai rubata e ora te ne vai senza una parola! Non parli mai, non ridi mai, non piangi, me l’hai rubata e non mi hai dato nulla… tu non sei mai stato vivo, mai! Io non ho mai avuto un figlio, per te io, tua madre, il mondo intero sono nulla! … ma sei tutto ciò che resta, che mi resta … Non te ne andrai!!! Non ti lascerò portare via!

La sequela di parole sconnesse ti colpisce o almeno, richiama la tua attenzione e ti fa fermare sul posto. Ti giri di nuovo e lo vedi, ancor più patetico con il volto coperto di lacrime e gli occhi disperati. Senti qualcosa, qualcosa nel profondo, da qualche parte, allo stomaco. È un esperienza insolita. Non sai darle un nome, è come una sorta di dolore, come una sorta di puntura.

Tuo padre si scaglia sulla figura nera davanti alla porta. Con un movimenti talmente rapidi che a stento li percepisci, ti afferra per il polso frapponendoti tra sé ed il suo assalitore. Prima che tu possa capire cosa sta succedendo, stringi in mano un coltello, la lunga lama affondata nel ventre del genitore.

Rimani stordito. Lo guardi mentre boccheggia. Fissi i suoi occhi umidi mentre la vita lo abbandona. La puntura nel profondo del tuo animo si fa per un attimo più forte, poi esplode in un onda di calore che in un tempo infinitesimo ti pervade. Provi una sensazione piacevole che cresce rapidamente fino a riempirti, a sopraffarti. Resti stordito.

Dalla ferita all’addome ti sembra di veder uscire come un fumo azzurro, poi dalla bocca deformata e spalancata di quello che ormai è un cadavere che rapidamente si raffredda, poi dalle narici. Una sorta di grumo traslucido si addensa sopra la scena, alimentata dai filamenti di fumo.

Ti sembra di vedere, tra le volute, il volto urlante di tuo padre, poi il grumo comincia a turbinare rapidissimo, si assottiglia e allunga uno pseudopodo intangibile verso il centro del tuo petto. Appena la protrusione ti tocca, senti il calore esplodere nuovamente ancora più forte dentro di te, l’aria sembra vibrare rumorosamente, gli occhi non riescono più a mettere a fuoco la visione. Il fumo sparisce nel tuo petto ed una luce bianchissima e rovente pervade tutto.

Perdi i sensi.

Ti risvegli dopo un tempo che non sai quantificare, ti senti leggero, euforico. La cappa opprimente che solo ora ti accorgi averti sempre gravato sembra sparita. Sei accasciato a terra, a fianco al cadavere di tuo padre. L’uomo dalla cappa nera si china su di te e ti afferra la spalla sinistra. Nel farlo, il cappuccio si scosta: la luce artificiale del neon si riflette gelida su una maschera di metallo foggiata a mo di teschio ghignante.

Non sai quanto aveva ragione… un mostro senz’anima… un assassino perfetto. Alzati ragazzo, dobbiamo andare: anche l’arma più letale deve essere adeguatamente affilata.

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mercoledì, dicembre 08, 2010

Traiettorie cogitative



Martin Solveig feat. Dragonette - Boys & Girls



Ogni senso si oppone alla quiete del sonno, eppure ogni senso la reclama.

Perdere il senso dell'equilibrio è perdere ogni senso di realtà.

Il movimento è un chiaro segnale di vitalità, l'assenza di movimento è morte.

Spiegatemi un pò che senso ha trovarsi con moltissime persone, con il recondito desiderio di essere soli o estremamente vicini a persone perfettamente conosciute.

Sono troppo distrutto per formulare un pensiero coerente.

Buon prossimo giro a tutti.

sabato, dicembre 04, 2010

Il ritorno....



Il Teatro degli Orrori - Majakovskij


Torna come un'eco vaga....

eppure...

eppure è ancora presente, in un angolo del mio essere.

Mentre l'etilismo mi concede fugaci visioni di futuro prossimo, mentre considero, pondero l'idea di cosa esattamente sia una lingua, mentre assaporo l'evento della reciproca comprensione, dello scambio di significato che si può ipotizzare corrispondente, il tempo si ferma.

Non ringiovanisco, né smetto di invecchiare, solo che in un momento mi pongo esterno, come vuolesi il creatore, oltre il fluire. Arrogantemente astratto contemplo il mio percorso fino ad ora.

Avverto la consapevolezza pura che ci sono ceppi che indosso nell'anima, ceppi di cui mi libero solo quando gli strati superficiali della mente consapevole e paraconsapevole, il luogo delle guardie, dei censori, vengono sfogliati come le dure foglie di un carciofo.

Il prodotto della fermentazione, produce una consapevolezza che trascende la mia banalità, che quantomeno non me la rende soffocante. Sono io, sempre io, non è qualcun'altro, cambiano solo i rapporti, gli equilibri di potere: si apre la mente alla natura più schietta, si sciolgono, in parte, strutture antichissime e rigide, cresciute nel tempo tanto da costringermi e sostenermi.

Ad anima aperta sento il freddo della notte dentro.

Timido esibizionista.

Rumorosamente sommesso.

Ancora vivo....ancora scrivo.....


sabato, marzo 06, 2010

Defibrillatore #4: Il ballo del potere


- Franco Battiato - Il ballo del potere -

Vedo il refresh dello schermo, come quando in televisione riprendono uno schermo, specie quando scrollano in verticale....

Singolare... forse no, probabilmente sono solo bevuto... qualsiasi entità ultraumana esistente benedica lo stato di coscienza serenamente e creativamente alterato.

Gattopardianamente, tutto cambia perché nulla cambi.

A domanda risponderei che ho sempre avuto una concezione alta della politica. Qualcuno mi potrebbe rimproverare troppo teorica, ciò nondimeno...

Più passa il tempo, più la mia esperienza mi impartisce lezioni di soffocante banalità ed insostenibile cinismo. Tutto, TUTTO si riduce ad una competizione per risorse scarse, TUTTO.

Se il desiderio, la brama di potere potrebbe essere quantomeno comprensibile a fronte di un progetto di portata magari rilevante, non si può che rimanere basiti (forse solo se, come me, ci si ostina a fingersi ingenui) di fronte alla brama del potere per il potere, o meglio ancora, del potere come strumento per umiliare chi non lo possiede, affermando così se stesi per differenza. Anche nel caso di particelle di potere infinitesime, di privilegi appena percettibili, di disparità ridicole.

La banalità della riflessione mi disgusta ed è solo in minima parte mitigata dal fatto di fondarsi sul dato della mia esperienza.

Anche gente che definirei, con virgolette che la mia tortuosa insicurezza mi impone di mettere, "buona" o "pacifica", immersa in un ambiente di tale spietata affermazione dell'ego, di tale soffocante mortificazione dell'altro, diventa presto rancorosa e vendicativa.

La ruota gira, anche quando non sembra: questi dominano oggi, godono di privilegi, del favore di potenti patroni, denigrano, mortificano e vessano quelli; domani, saliranno quelli sui gradini più prossimi al trono e, consumati dal rancore, ignoreranno, denigreranno, mortificheranno e vesseranno quelli e, secondo leggi forse antiche come l'uomo, il ciclo si perpetrerà all'infinito.

Ancora una volta, dopo un tempo che non riesco a quantificare, percepisco il ronzio anestetico dell'alcool, intuisco la forma, sempre più impalpabile, della pretesa di immortalità propria di adolescenza e postadolescenza.

Che fascino sublime...

Pagherò il conto del mio esibizionismo narcisista.

Buonanotte

mercoledì, marzo 03, 2010

Defibrillatore #3: Orsosabbia


- Stavo ascoltando: Fatboy Slim - Drop the Hate -

L'orso cammina lungo il bagnasciuga sul far della sera.

Sta ritto su due zampe e ha l'andatura sicura di chi ha raggiunto un invidiabile livello di serenità.
La sabbia bagnata è ovunque tra il suo pelo bruno, ad ogni passo ne solleva falde più larghe, ad ogni passo affonda di più nella sabbia.

Ora è sprofondato fino all'addome vorace.

Ora fino all'ampio petto.

Ora è il muso tozzo a scavare un solco.

Ora solo due orecchie pelose fendono la sabbia.

Il tramonto infiamma la spiaggia, arrossa le piccole onde e dell'orso non v'è più traccia.